Ralph Macchio: Daniel La Russo
Noryuki Pat Morita: Maestro Kesuke Miyagi
Elisabeth Shue: Ali Mills
Martin Kove: Sensei John Kreese
William Zabka: Johnny Lawrence
Randee Heller: Lucille La Russo
Bruce Malmuth: Annunciatore
Regia: John G. Avildsen
Soggetto: Robert Mark Kamen
Sceneggiatura: Robert Mark Kamen
Fotografia: James Crabe
Musiche: Bill Conti, Gang of Four
Un maestro ed un allievo, due mondi lontani uniti dalla disciplina del karate e dall’affetto di una profonda amicizia. Una pellicola che è leggenda, mattone inviolabile della grande casa del cinema.
Cambiare città, cambiare vita è un passaggio che consta sempre di molte difficoltà: lo impara a proprie spese il giovane Daniel La Russo (Ralph Macchio) che dalla dimora di Newark, si trasferisce con la madre Lucille (Randee Heller) nell’afosa California. Nonostante l’ottimo rapporto con la madre e una piacevole e repentina conoscenza, la nobil- ragazza Ali (Elisabeth Shue), Daniel non manca di conoscere subito l’accoglienza dei ragazzi californiani: entra in conflitto con un gruppo di violenti karateki del dojo Cobra Kai, guidati dal bullo Johnny Lawrence (William Zabka) e avviati all’arte marziale dal Sensei Kreese (Martin Kove). Le rivalità tra Johnny e Daniel si acuiscono sempre di più, soprattutto a causa della tenera vicinanza del nuovo arrivato alla bella Ali. Daniel, che pure conosce il karate, non può continuare a sopportare le continue angherie di Lawrence e compagni da solo. Giunge in suo aiuto il venerando Miyagi, insolito maestro di karate, che vede nel giovane il giusto ricettore della sua conoscenza: le tecniche di combattimento sono solo una minima parte degli insegnamenti che riceverà “Daniel San” dall’amico e maestro Miyagi.
Primo capitolo della storica tetralogia del “ragazzo del Karate”, si tratta di una pellicola che fa la storia del cinema, proponendosi come modello anche per le successive generazioni di “operatori cinematografici”. Il progetto nasce dalla volontà del regista Avildsen di proporre una versione adolescenziale della “storia del combattente”, ispirandosi a quel fortunatissimo “Rocky”, che aveva personalmente diretto otto prima.
Così Avildsen, coadiuvato dall’ottimo Kamen, si serve di elementi semplici, dal potere evocativo diretto. Porta sulla scena due caratteri tradizionali e rappresentativi: il saggio Maestro nipponico, custode di una tradizione millenaria fatta di rispetto ed umiltà, ed il giovane americano, con i suoi problemi ed i suoi divertimenti: un’ispirazione, molto probabilmente, per quel “Marti Mc Fly” agli ultimi mesi di gestazione. Inserisce i suoi protagonisti in una trama lineare, arricchita da significative contrapposizioni: una superficiale denuncia alle differenze sociali di provenienza familiare e locale, cede il passo alla forte contrapposizione tra il karate occidental- commerciale di Kreese/ Kove e la cultura di Miyagi, che ha fatto del karate il modo di intendere la vita. Ma forse la lontananza che maggiormente viene avvertita, è quella generazionale tra i due protagonisti: i drammi adolescenziali del giovane Daniel/ Macchio incontrano la saggezza del Maestro, in un’amicizia che sfiora la commozione.
Il tutto viene impreziosito da una colonna sonora perfettamente inserita nel tessuto narrativo e da una fotografia eccellente: se Bill Conti, reduce anch’egli dal successo di “Rocky”, riesce ad infondere nella sua orchestra l’esigenza di unire le note occidentali e quelle orientali, mettendosi pienamente al servizio delle direttive di Avildsen, James Crabe, Direttore della Fotografia, mette capo ad immagini rimaste nella memoria di fan come di spettatori meno voraci: basti citare l’ombra di Miyagi/Morita, impressa nell’atto di eseguire la tecnica della gru nel disco solare calante oltre la linea dell’orizzonte.
Devono alla saga l’ingresso nella Hall of Fame hollywoodiana, Ralph Macchio e Pat Morita: sembra, tuttavia, ingiusta la comune tendenza ad associare i loro nomi esclusivamente a “Daniel San” e al “Maestro Miyagi”. Al loro fianco, spicca la giovane e bella Elisabeth Shue: la sua successiva partecipazione al secondo episodio della trilogia de “Ritorno al Futuro”, permette di confermare la teoria che considera le due saghe vera rappresentazione di un’epoca.
Come il venerando Maestro karateka, Avildsen fa professione di equilibrio, bilanciando perfettamente le temperie degli anni ’80 e l’elevata qualità della rappresentazione sullo schermo: dispiace ricordare che le lodi del film siano state tessute solo a parole.
VOTO 8/10
Marco Fiorillo
Pier Lorenzo Pisano
secondo me ralph macchio quando era giovane era piu carino so che questo non c entra niente ma adesso che e adulto il suo viso da ragazzo gli e rimasto ci sono rimasta male perche non c era lui a fare karate kid io la penso cosi secondo me anche se ha 50 anni potrebbe continuare a fare dei film come tanti attori di una certa eta so che il commento e molto lungo, spero di rividerlo nella serie di ungly betty
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