Fine settimana ricchissimo in quantità, con ben undici pellicole di
nuova uscita, tra le quali le attesissime “Chronicle” e “Dark Shadows” e ben
sei film di produzione italiana. Andiamo a conoscere insieme i protagonisti del
weekend appena trascorso.
I PROTAGONISTI
È “Chronicle” a fare da succoso anticipo infrasettimanale del
mercoledì. Protagonisti della vicenda sono tre giovani studenti, Andrew, Steve
e Matt, che durante un rave rinvengono in un cunicolo uno strano oggetto che
conferisce loro incredibile poteri. Ma, prendendo in prestito la famosissima
battuta Marvel, “da grandi poteri derivano grandi responsabilità”, e Andrew,
introverso, distrutto dalla malattia terminale della madre e in pessimi
rapporti col padre, dovrà fare i conti con la mancanza di questa
responsabilità. Se ci si fermasse ai
primi venti minuti di visione, “Chronicle” sarebbe semplicemente l’ennesimo
sci-fi commerciale girato in presa diretta, dal finale scontato e dallo scarso
respiro narrativo. È arrivando fino ai titoli di coda che il primo
lungometraggio di Josh Trank dimostra la sua vera essenza: il mockumentary
diventa found footage, la penna di Max Landis scorre fluida tra storia e
caratterizzazioni e la prova di Dane De Haan è di altissimo livello.
Dagli States arriva la pellicola sicuramente più discussa del fine
settimana, l’ultima fatica dell’instancabile due Burton-Deep “Dark Shadows”. Nella Collinsport del
XII secolo Barnabas Collins, ricco signore inglese emigrato dall’Inghilterra,
si innamora di Josette spezzando il cuore della domestica Jaqueline Bouchard,
insospettabile strega che trasforma l’amato in un vampiro e lo seppellisce in
una cassa. Nel 1972, Barnabas ritorna tra i vivi, in una Collinsport ormai in
malora, abitata dai suoi lontani discendenti. Usufruendo della sceneggiatura di
Seth Graham-Smith ed ispirandosi alla serie televisiva di Dan Curtis, il duo
compie un altro piccolo miracolo, almeno dal punto di vista mediatico. Perché
se tutti seguono la moda del vampiro, Burton e Deep gli danno quella veste baroccamente
tetra e stravagante che è la chiave del loro universo cinematografico . Per gli
amanti del loro cinema di sicuro si tratta dell’ennesimo capolavoro, per chi
non ne idolatra le gesta, “Dark Shadows” sa un po’ di stantio.
Dalla Francia arrivano tre pellicole. In “Special Forces” la giornalista francese inviata in Afganistan Elsa
Casanova si compromette agli occhi di Ahmed Zaief, leader di un gruppo di
soldati talebani. Rapita insieme ad un collaboratore autoctono, il governo
francese invia in suo aiuto una squadra di recupero che perde contatto con la
base. Senza contare il documentario di genere “L’ecole des berets verts”,
“Special Forces” è l’opera prima di Stephane Rybojad nonché una delle poche
produzioni francesi dedicata alla war action. Di sicuro Rybojad padroneggia
bene l’argomento, come dimostrano il buon spiegamento dei personaggi, il
superamento della “marinesizzazione” dei soldati, il discernimento circa
tattiche militari e realtà socio-culturali. Se a mancare è la qualità meramente
estetica della parte action ( in cui restano imbattuti i cineasti
d’oltreoceano!) poco importa. Di ben altro respiro è “Sister”. Simon e Luoise sono fratello e sorella, vivono insieme ai
margini di un impianto sciistico di lusso. Abbandonati dai genitori, di cui non
hanno notizia, i due si mantengono grazie ai furti di Simon e alle attenzioni
della maggiore Louise. Al suo secondo lungometraggio, Ursula Meier sfrutta,
dopo “Home”, ancora una storia di confine, intessuta questa volta alla
fragilità familiare dei due giovani: laddove ci dovrebbe essere paradosso e
incredulità, Meier riesce a rendere veridicità e forza narrativa, anche grazie
alla prova della coppia protagonista Seydoux- Klein. Infine, “Tutti i nostri desideri”. Claire è un
magistrato del Tribunale di Lione, moglie, madre, e malata di tumore celebrale.
Tacendo la malattia alla famiglia, decide di gettarsi a capofitto nel caso di
Celine, una giovane madre coinvolta nei raggiri di un istituto di credito che
l’ha ridotta sul lastrico. Al suo terzo lungometraggio, Philippe Lloret
continua ad alimentare il suo gusto per il quotidiano, per le piccole grandi
tragedie personali. È il caso della giovane Claire, ormai con i giorni contati;
è il caso di Celine, ridotta a sopravvivere insieme al figlio; è il caso del
profondo legame che si crea tra le due donne, non amicizia mielosa e miracolosa
ma stima e rispetto reciproci.
Dedichiamoci ora alle numerose produzioni italiane del finesettimana.
In “100 metri dal Paradiso” il
giovane Tommaso Guarrazzi, promessa italiana dell’atletica, decide di
abbandonare la carriera sportiva per intraprendere la strada ecclesiastica. Il
padre Mario, ex campione di atletica col rimorso delle Olimpiadi, rivela il suo
dispiacere all’amico e monsignore Angelo Paolini che ha un’epifania: formare
una squadra di atleti-preti, da far gareggiare alle Olimpiadi sotto la bandiera
vaticana. In “Workers- Pronti a tutto”,
Sandro e Filippo sono i gestori di un’agenzia di lavoro che tratta con i più
disparati e disperati disoccupati. Tra questi, Giacomo, badante di un
paraplegico tossicodipendente, Italo, che lavora in un allevamento di tori
occupandosi della raccolta dello sperma, e Alice, truccatrice costretta a
lavorare presso un’agenzia di onoranze funebri. Alla stregua del vampiro
d’oltreoceano, la crisi dello stivale ha suggestionato, sta suggestionando e
(considerata la situazione in cui vessiamo) ancora suggestionerà il Grande
Schermo tricolore. Questa è la volta di “Workers”, commedia dell’amaro e dell’assurdo
articolata nel più classico trittico ad episodi. Sarà per la moda dei tempi o
per la poca verve di Vignolo e Co. ma “Workers” offre una semplice accozzaglia
di storie e nulla più. Al “Cinema della Crisi” appartiene anche “Disoccupato in affitto”. Dopo aver
perso il proprio impiego, Pietro Mereu, indossato un cartello con su scritto
“disoccupato in affitto”, parte dalla natia Sardegna alla volta di otto centri
della penisola, più che per cercare lavoro, per denunciare questa maledetta
crisi che ormai ci imbriglia da due anni (le riprese risalgono all’estate del
2010!). Seguito dalle telecamere di Luca Merloni, il viaggio diventa un
documentario sulla realtà economica della penisola, sullo stato d’animo dei
suoi cittadini. Al di la del basso tasso tecnico e del limitato budget, si
tratta di una buona rivisitazione del soggetto.
Protagonista di “Isole” è
Ivan, un muratore di Tirana che ogni mattina raggiunge le Tremiti per lavorare.
L’ennesimo giorno senza paga fa scattare il muratore che in cambio riceve solo
la violenza di tre abitanti dell’isola; viene, però, avvicinato da Martina che
lo invita nella casa canonica in cui vive insieme al suo tutore, Don Enzo.
Senza nulla a pretendere, Stefano Chiantini realizza uno spaccato di vita più
vicino alla messinscena teatrale che alla cinepresa. Non ci si cala nel
melodrammatico o nella critica socio-economica, ed è proprio questa fumosità
quasi isolana a dare valore al girato.
In ultimo, l’altro documentario di giornata “Napoli 24”. Sotto l’ala protettiva di Paolo Sorrentino, ventiquattro
registi, per lo più alla prima esperienza o di recente approdo all’universo
cinematografico, si dividono tre minuti per raccontare la città. Il clima è di
quelli da polpettone nostalgico che parte da un interessante progetto creativo
ma che si perde in una confusione generale che determina la poca riuscita del
progetto.
LE SORPRESE
Si sa poco del piccolo Kacey
Mottet Klein se non che “Sister” è il primo lungometraggio che lo vede
partecipe, nonché protagonista, è che la sua è un ottima interpretazione, ben
coadiuvata dalla vicinanza di Lea Seydoux e dalla direzione di Ursula Meier,
brava nel gestire un talento così giovane e precoce.
I FLOP E I TOP
Le dolenti note del weekend:
3°.
Il minor rimprovero va a Johnny Deep. Pare che la realizzazione di “Dark Shadows” sia stato
un suo personalissimo capriccio, lui che della serie di Dan Curtis era un
grande fan, accontentato dalla sua controparte registica Tim Burton.
2°. Secondo
sul podio è Raffaele Verzillo. Il
regista italiano ritorna al Grande Schermo dopo sei anni, cercando di mescere
nel migliore dei modi l’impresa sportiva alla comicità tricolore, e lo fa
utilizzando l’artificio pontificio che caratterizza quasi la totalità
dell’impianto comico della pellicola, che, per questo, risulta asettica e di
limitatissimo respiro.
1°.
Primo tra i cattivi, Lorenzo Vignolo. Il suo “Workers- Pronti a tutto” non è altro che
l’ennesima rivisitazione scontata e stucchevole della moda cinematografica
italiana del momento. Che il soggetto sia quello appropriato o meno, ciò che è
sbagliato è continuare a riproporne la stessa declinazione.
Infine, i migliori della classe:
3°.
Medaglia di bronzo per Lea Seydoux. La giovane attrice e modella francese continua ad
alzare il tiro passando dalle passerelle agli spot pubblicitari, dalle piccole parti
alle interpretazioni da protagonista, fino all’ultimo “Sister”.
2°. Al
secondo gradino troviamo Philippe Lioret.
Il cineasta parigino ritrova la collaborazione con Vincent Lindon, cui aggiunge
l’ottimo sodalizio con le attrici Amandine Dewasmes e Marie Gillian, facendo,
ancora una volta, del problematico mondo occidentale il soggetto delle proprie
telecamere.
1°.
Oro a Dane de Haan. Nei panni del potente
Andrew, de Haan, dopo la gavetta teatrale e il successo televisivo (“True
Blood” e “Law&Order”), approda al Grande Schermo proprio con “Chronicle”.
Buona la prima, speriamo che rispetti le aspettative.
BOX OFFICE
Preannunciato successo ai botteghini del duo Burton-Deep: il loro
“Dark Shadows” incassa 2 milioni nel primo finesettimana. Restano sul podio i
Vendicatori, ormai arrivati ai 16 milioni, e l’ironica commedia americana
“American Pie- Ancora insieme”. Tra le nuove uscite “Chronicle”, “Special
Forces” e “100 metri dal Paradiso” entrano in top ten, anche se le cifre non
sono di quelle interessanti.
Marco Fiorillo
Pier Lorenzo Pisano