A una settimana dall’attesissima assegnazione dei premi Oscar, il
penultimo finesettimana di Febbraio vede le sale contese da due pellicole
assolute protagoniste delle nominations alle ambite statuine, “War Horse” e
“Paradiso Amaro”, cui si aggiungo quattro pellicole in grado di accontentare
tutti i palati.
I PROTAGONISTI
“War Horse” racconta la
vita del cavallo Joey, dal primo acquisto da parte della famiglia Narracott al
profondo legame stretto con Narracott figlio, Albert; dalla militanza
nell’esercito al fianco del capitano Nicholls fino alla permanenza nella tenuta
francese della piccola Emily. Richiamando l’interesse zoomorfo per l’altro
dall’umano proprio de “Lo Squalo”, ricostruendo l’atmosfera eroico- battagliera
de “Salvate il Soldato Ryan” ed intingendo tutto in quella resa scenografica e
dell’azione alla John Ford, Steven Spielberg affronta il suo ultimo
lungometraggio facendone una pellicola semplice, godibile senza troppo impegno
emotivo ed intellettuale, rimanendo comunque fedele alle aspettative legate al
proprio nome.
Nell’universo di “In Time”,
invece, gli uomini e le donne sono geneticamente programmati per vivere fino a
25 anni, età dopo la quale cominciano una lotta contro il tempo per rimanere in
vita; in questo futuristico scenario si muove Will Salas: salva la vita ad un
uomo benestante che ricambia il gesto cedendo al ragazzo un secolo di vita, che
Will decide di investire tentando di arrivare nella “Time Zone”. Dopo l’opera
prima “Gattaca”, Andrew Niccol ritorna nel sottobosco sci-fi del tempo e delle
sue sfumature: una società profondamente ripartita (mortali ed immortali) in
cui si muove un giovane, desideroso di cambiare l’ordine ed accompagnato da una
ragazza bella e ricca. Buona l’idea, buona la realizzazione.
In “Jack e Jill”, la vita
tranquilla del pubblicitario Jack e della sua famiglia viene sconvolta dal
puntuale arrivo per ogni festa del Ringraziamento di Jill, sorella di lui. Più
film demenziale che commedia, “Jack e Jill” è il prodotto del ruolo rivestito
da Adam Sandler nel panorama comico statunitense: un umorista del popolo dalla
risata facilona, costretto annualmente a pagare lo scotto della propria
appartenenza di pubblico. In questo caso, affronta la più classica delle trasformazioni
nella controparte femminile (forse il precedente migliore e più illustre e la
“Mrs. Doubtfire” di un certo Robin Williams), impreziosita da cammei
d’eccezione, su tutti Johnny Deep e Al Pacino.
Nelle liste dei protagonisti alla notte degli Oscar è anche “Paradiso Amaro”. La pellicola ha come
protagonista Matt King, la cui spensierata vita alle Hawaii viene sconvolta dal
coma irreversibile in cui cade la moglie e dalla nuova preoccupazione destata
dal rapporto con le due figlie, quasi sconosciute dopo gli anni dedicati quasi
completamente al lavoro; a ciò si aggiunge la scoperta del rapporto
extraconiugale della moglie. La parabola, eccellentemente tratteggiata da
Alexander Payne e magistralmente interpretata da George Clooney, è quella d’una
famiglia semplicemente “umana”, chiamata a mantenere i propri equilibri
meccanici di fronte ai dolori della vita. Un prodotto ottimo, sia sul versante
emozionale che su quello puramente tecnico.
Qualche gradino più giù si colloca, invece, “ATM- Trappola Mortale”. Dopo aver partecipato ad una festa
aziendale, tre colleghi si fermano in un bancomat a prelevare; al di fuori
della cabina si presenta un uomo incappucciato che dimostra le sue intenzioni
quando uccide a sangue freddo un passante ed il suo cane. Una location, tre
persone chiuse in un luogo angusto, una situazione al limite della paranoia:
gli ingredienti sembrerebbero quelli giusti per un classico della tensione la
cui riuscita ultima viene,però, profondamente minata dallo scialbo script e
dalla più che limitata presa psicologica. I presupposti c’erano, peccato solo
quelli.
In ultimo, “… E ora parliamo di
Kevin” racconta del difficile rapporto madre-figlio stabilito tra Eve,
donna di successo piegata alla vita familiare dalla gravidanza, e Kevin,
bambino muto, giovanotto disubbidiente, adolescente in piena ribellione. Adombrata
dalle difficoltà familiari si muoverà una tragedia dei tempi moderni, di quelle
che si ascoltano al notiziario delle 6 ma di cui mai si conoscono i reali
meccanismi. Il trittico costituito da Lynne Ramsay, Tilda Swinton ed Ezra
Miller, rispettivamente regista e protagonisti delle pellicola, danno vita al
delicato universo della maternità, ricostruendo con estrema forza narrativa
l’incedere d’una tragedia quotidiana. Stupisce, e non poco, che non se ne
faccia nemmeno menzione al momento delle assegnazioni delle nomine per gli
Oscar.
LE SORPRESE
Californiana, classe 1991, Shailene
Diann Woodley cominciò a recitare all’età di 5 anni, proseguendo la
carriera tra sit-com e film per la televisione, fino alla più famosa interpretazione
nella serie “Vita segreta di una teenager americana”. Approda al Grande Schermo
proprio sotto la direzione di Alexander Payne ed al fianco di George Clooney,
si guadagna una candidatura ai Golden Globe come Miglior Attrice non
Protagonista. Di certo Shailene non va persa di vista!
I FLOP E I TOP
Vediamo adesso le prestazioni più negative del weekend:
3°.
Ultimo dei peggiori Justin Timberlake. Il bello della canzone americana si presta
ancora una volta al Grande Schermo, cui approdò per la prima volta nel 2005,
divenendo il miglior rappresentante di una delle peggiori abitudini
d’oltreoceano, far d’una singola figura professionale un tuttofare dello
spettacolo.
2°.
Secondo sul podio David Brooks. Il regista de “ATM- Trappola Mortale” cade
all’esordio, realizzando una pellicola di per sé scontata già nell’elaborazione
dei soggetti che migliora veramente poco in corso d’opera.
1°.
Senza dubbio il premio dei peggiori va ad Adam Sandler. Scontato e puntuale come
il cine- panettone, il comico newyorkese porta nelle sale il lavoro
probabilmente peggiore degli ultimi anni, sintomo della stanchezza del
“prodotto proposto”.
Infine, i primi della classe:
3°.
Medaglia di bronzo a Steven Spielberg. Il senatore hoollywoodiano firma una pellicola
dal sapore epico per ogni forma di esperienza sensoriale, un kolossal che
comunque non rimarrà nel novero dei suoi migliori lavori.
2°.
Al secondo posto Alexander Payne. “Paradiso Amaro” completa il percorso di piena
maturazione del regista: dopo i primi passi incerti ma autorevoli mossi con
“Election” e “ A proposito di Schmidt”, e il salto di qualità registrato con
“Sideways”, arriva l’atto ultimo, impreziosito dalla collaborazione con George
Clooney.
1°.
Non v’è dubbio che la migliore del fine
settimana sia Tilda Swinton. Dopo
qualche prova meno qualitativa, l’attrice britannica ritrova tutto il suo
talento, responsabile d’una prova matura ed eccellente che catalizza tutta
l’attenzione del pubblico e della critica. A dimostrarlo, i tre premi vinti
rispettivamente all’European Film Awards 2011, al National Board of Review
Awards 2011 ed al S. Francisco Film Critics Awards 2011.
BOX OFFICE
È il maltempo a riempire le sale dei cinema italiani dell’ultimo
weekend. Mantiene la vetta “Com’è bello far l’amore”, arrivato a quota 1.5
milioni, davanti alle due new entry, “Paradiso Amaro” e “In Time”. Mentre
continua la striscia positiva di “Hugo Cabret”, che raggiunge i 5.3 milioni,
delude la fredda accoglienza riservata a “War Horse”. Pessima anche la partenza
di “Jack e Jill”, testimonianza dello scarso affetto per Adam Sandler da parte
del pubblico nostrano.
Marco Fiorillo
Pier Lorenzo Pisano