War Horse
Titolo originale: War Horse
USA: 2011. Regia di: Steven Spielberg Genere:
Drammatico Durata: 146'
Interpreti: Jeremy Irvine, Peter Mullan, Emily Watson, David Thewlis,
Benedict Cumberbatch, Stephen Graham, Tom Hiddleston, Niels Arestrup, Celine
Buckens, David Kross, Patrick Kennedy, Rainier Bock, Nicolas Bro, Leonard
Carow, Robert Emms, Rainer Bock, Pauline Stone, Irfan Hussein
Sito web ufficiale: www.warhorsemovie.com
Sito web italiano:
Nelle sale dal: 17/02/2012
Voto: 7
Trailer
Recensione di: Nicola Picchi
L'aggettivo ideale: Favolistico
L’agricoltore Ted Narracott, pur trovandosi
in difficoltà economiche, acquista un puledro alla fiera del paese. Nonostante
l’opposizione della moglie Rose, il cavallo viene affidato al figlio Albert, il
quale si occupa di domarlo e di addestrarlo al duro lavoro dei campi.
Tra il ragazzo e Joey, tale il nome del
puledrino, nasce un rapporto intenso fatto di affetto e comprensione, ma allo
scoppio della I Guerra Mondiale, Ted si trova costretto a vendere Joey al
capitano Nicholls, un ufficiale di cavalleria in procinto di partire per il
fronte.
La scommessa del romanzo “War Horse” di
Michael Morpurgo, già trasposto con grande successo per il teatro, era quella
di narrare gli avvenimenti dal punto di vista di un cavallo.
Idea non nuova, se si pensa che era già stata
adottata in un classico anglosassone della letteratura per ragazzi, “Black
Beauty” (1878) di Anna Sewell, trasposto innumerevoli volte al cinema e in
televisione.
Ma se il cavallo vittoriano narrava in prima
persona disavventure tutto sommato ordinarie, dalla nascita in una fattoria
inglese alla vita grama condotta alle dipendenze dei vetturini di Londra, il
Joey di Morpurgo vive esperienze ben più straordinarie, attraversando le
tempeste d’acciaio della I Guerra Mondiale. Al cinema si era già tentato
qualcosa di simile con “Au hasard Balthazar” (1966) di Robert Bresson,
pessimistica riflessione sul male che adottava la prospettiva dell’asino
Balthazar: un realistico ritratto della miseria umana, reso ancora più
desolante dall’innocenza dell’animale.
Steven Spielberg preferisce evitare le
complicazioni legate al punto di vista e richiamarsi alle versioni
cinematografiche di “Black Beauty”, optando per una favola che ha il sapore del
cinema di una volta, densa di rimandi sia pittorici che cinematografici. Nel
calderone spielberghiano finisce di tutto un po’: la pittura paesaggistica di
John Constable, evocata nella stupenda fotografia di Janusz Kaminski, la forza
e la potenza dei cavalli di George Stubbs, insigne “ritrattista” equino, ma
anche “Via col Vento”, esplicitamente citato in due sequenze, e naturalmente un
pizzico di John Ford (“Un uomo tranquillo”).
Elementi così eterogenei sono amalgamati con
la classe e la tempra del grande narratore popolare, che non teme di apparire
ingenuo, trovando anzi nella propria naïveté motivo d’orgoglio.
“War Horse” appartiene a quella tipologia di
film che una volta si sarebbero definiti per “ragazzi”, quelli che gli odierni
uffici stampa definiscono “young adult” perché gli sembra una definizione più
entusiasmante. Ma di quali ragazzi si parla, poi? Di quelli di oltre mezzo secolo
fa, dell’età di Spielberg, cresciuti con un cinema “bigger than life” e
sfacciatamente sentimentale, ormai estinto.
Separato da Albert, Joey passa di mano in
mano, inaugurando una sorta d’inedita odissea equina. Allo stesso tempo
attraversa le esperienze più diverse, rispecchiando la realtà storica di
un’epoca in cui si utilizzavano ancora i cavalli durante le guerre.
Inizialmente è acquistato da un ufficiale britannico, poi agevola la fuga di
due disertori dell’esercito tedesco; in seguito viene ritrovato da una
ragazzina francese e da suo nonno, per essere di nuovo requisito dall’esercito
tedesco e ritrovarsi nel carnaio della battaglia della Somme.
Joey è il filo conduttore della narrazione, e
gli sceneggiatori Lee Hall e Richard Curtis costruiscono una struttura
forzatamente episodica. Abbandoniamo i protagonisti di una storia per passare
al galoppo (è il caso di dirlo) a quelli della successiva, sfogliando i
capitoli come in un libro di fiabe, popolato di personaggi archetipici: malvagi
proprietari terrieri, agricoltori dal passato glorioso, bambine cagionevoli,
nonni apprensivi, ufficiali adamantini e soldati dal cuore d’oro.
“War Horse” richiede allo spettatore di
abbandonare ogni riserva, regredire all’infanzia e lasciarsi andare al piacere
del racconto, mentre Spielberg elabora sequenze magistrali, quali la carica di
cavalleria o la corsa impazzita di Joey nelle trincee, affidandosi a un cast
che ha del miracoloso.
Da Emily Watson a Peter Mullan, fino allo
straordinario Niels Arestrup (Il Profeta) e all’esordiente Jeremy Irvine,
bisogna sottolineare come si tratti non solo di attori efficacissimi, ma anche
puntuali per fisiognomica rispetto alla tipologia rappresentata.
Resta da chiedersi come mai due grandi
registi come Spielberg e lo Scorsese di “Hugo Cabret”, escano quasi in
contemporanea con due film apparentemente indirizzati agli adolescenti, più
elitario e stratificato quello di Scorsese, più popolare e sentimentale quello
di Spielberg, ma entrambi accomunati dal fatto di rivolgersi a una tipologia di
pubblico del tutto immaginaria, che oggi nutre interessi assai diversi.
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