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sabato 17 dicembre 2011
Il Gatto con gli Stivali (2011)
Le Idi di Marzo (2011)
Sherlock Holmes- Gioco di Ombre (2011)
giovedì 15 dicembre 2011
Dillinger è morto (1969)
Un film praticamente muto, ma non in bianco e nero.
No perché i colori svolgono invece un ruolo importante, possono far cambiare il significato di un oggetto, ridicolizzarlo o renderlo più nostro e familiare, i colori possono rendere gli oggetti che ci circondando tutti i giorni altri da noi, alienandoci completamente.
Ed è infatti sul gioco tra significanti e significato che si basa quest'opera, perché ogni gesto può essere rielaborato: Glauco(Michel Piccoli) si diverte a giocare con le forme e destabilizzarle, creando in noi una sensazione di non piena comprensione, vive ogni suo gesto, ci spiazza sempre, non lascia mai una chiave interpretativa precisa, ogni volta che sembra siamo riusciti ad afferrare la sua essenza ecco che ci sfugge.
Ferreri tra le due alternative proposte da Hitchcock, “sopresa” e “suspance”, sceglie la prima, ma il lavoro per creare la sorpresa è stupendo. Girato quasi praticamente solo in interni ad accrescere la dimensione teatrale già fortissima, stiamo parlando di un lavoro che potrebbe essere definito “teatro filmato” per la pulizia dei gesti, il tipo di messaggio inviato, il ritmo, la telecamera che segue quasi incessantemente il volto del protagonista.
Siamo di fronte ad un capolavoro, un tipo di cinema che ad oggi è praticamente scomparso, perché si preferisce la chiarezza dei significati, alla indefinitezza. Ma l’indefinitezza è propria dell’arte, che deve sempre lasciare un interrogativo nello spettatore, deve stupirlo, specchiarlo e poi rovesciarlo e mostrargli cosa ha dentro di sé.
Nella ordinaria piccola follia di Glauco tutti possono riconoscersi in qualcosa, ma attenzione: non è un film schematico. Infrange le regole del cinema tradizionale; qui non riconoscersi in Glauco è proprio quel “disturbo” che ci crea un costante interesse e ci fa entrare ed uscire dal personaggio grazie alla maestria di Ferrerri, ed il climax della tensione è dato da piccoli movimenti, uno sguardo particolare, un suono, e non culmina, ma implode improvvisamente.
Un piccolo tesoro oggi poco conosciuto e che meriterebbe moltissima attenzione ed ammirazione.
VOTO 8/10
Pier lorenzo Pisano
Marco Fiorillo
martedì 13 dicembre 2011
True Justice- Giustizia Letale (2011)
Il punto del weekend
Si ferma per un fine settimana la corsa al Natale cinematografico, con sei pellicole che parlano di tutto tranne che delle imminenti festività. Si aggiunge alle uscite del secondo venerdì di Dicembre, il concerto/documentario di Luciano Ligabue, resoconto dell’evento musicale del 16 Luglio che, francamente, ha veramente poco a che fare con celluloide e macchina da presa.
I PROTAGONISTI
Anticipa i film del venerdì la produzione turco-tedesca “Almanya”, nelle sale da mercoledì. La pellicola racconta delle tre generazioni che costituiscono la famiglia Yilmaz, immigrata in Germania alla fine degli anni ’50 ed di ritorno nella natia Turchia, per riscoprire un’identità persa nel corso degli anni di permanenza in terra straniera. “Almanya” si iscrive perfettamente nel modernissimo filone della “commedia d’integrazione”, raccontando con leggera intensità l’esperienza dell’immigrazione, con le sue privazioni, le sue malinconie, le sue scoperte.
Dagli States arrivano le solite commedie della settimana. “Cambio vita” racconta dei due amici Mitch e Dave: burlone e attore pornografico il primo, rampante avvocato e padre di famiglia il secondo. Stanchi delle rispettive vite, riescono a scambiarsi reciprocamente le identità, solo per scoprire che quello che avevano e tutto quello che vogliono. Proseguendo uno dei classici filoni della commedia d’oltreoceano, lo scambio di personalità, Dobkin, seppur tenti di animare il girato con un finale a sorpresa, rimane ancorato a cliché tematici e registici che non fanno decollare la pellicola. “Win Win- Mosse Vincenti” narra, invece, di Mike, avvocato del New Jersey, costretto a truffare uno dei suoi anziani clienti, Leo Poplar, per portare lo stipendio a casa. Mike, però, dovrà fare i conti con il sedicenne nipote di Leo, Kyle, che accoglierà nella sua casa, nella sua squadra di lotta e nel suo cuore. Se pareva che Thomas McCarthy avesse messo in piedi la solita storia di confronto giovani- adulti intrisa di vicenda sportiva, le aspettative di monotona ripetitività sono traditi positivamente da una storia raccontata con vivido realismo e resa con estrema qualità dal cast, su tutti la coppia protagonista costituita da Paul Giamatti e dall’esordiente Alex Shaffer.
La produzione più attesa e discussa di questo weekend proviene dalla Francia: si tratta di “The Artist”, la pellicola muta realizzata completamente in bianco e nero diretta da Michel Hazanavicius. La produzione nasce dall’impellente necessità di riscoprire il cinema delle origini, quel cinema di qualità non più protagonista nell’era dell’apparenza grafica e del vuoto narrativo: Hazanavicius riscopre l’Hollywood senza parola e senza colore riunendone tutte le anime, da Orson Wells a Billy Wilder, da Lubitsch a Eleonor Powell.
Sempre dall’America, più in particolare dall’Argentina, arriva “Enter the Void”. Si tratta della storia di Oscar, narcotrafficante statunitense di stanza a Tokyo, assassinato dalla polizia ma incapace di lasciare il mondo dei vivi per il legame che ha con la sorella Linda. Più che di un film vero e proprio, “Enter the Void” rappresenta più un’esperienza viva, cui lo spettatore è chiamato a partecipare dal regista Gaspar Noè: sfruttando un lungo piano sequenza, Noè permette la piena immedesimazione in Oscar, in un trip di sostanze, prima, in un viaggio onirico, poi.
In ultimo, l’italiano “Bloodline”, racconta di Sandra e Marco due giornalisti chiamati a fare un servizio sul set di un film pornografico dopo un lavoro andato male: tutto normale se non fosse che nella casa che ospita il porno, quindici anni prima, la sorella di Sandra venne assassinata. L’omicida sembra ancora in attività all’arrivo della giornalista. “Bloodline” si perde nel fitto sottobosco di produzioni horror italiane mai apparse nelle sale ma preda ambita degli appassionati del genere che ne fruiscono, soprattutto all’estero, via etere e mediante l’home cinema. Fa piacere che tra queste produzioni possa emergerne una, quella di Edo Tagliavani appunto, che sfrutta appieno le varie anime del genere (non a caso il suo sceneggiatore è il nipponico Taiyo Yamanuchi), legate da una discreta conduzione registica. Niente di nuovo ne di eccezionale ma “Bloodline” si merita, comunque, l’onore delle sale.
LE SORPRESE
Sorprendono assai positivamente le sorelle Samdereli, Yasemin e Nesrins, rispettivamente regista e sceneggiatrice di “Almanya”, loro opera prima. Le due sorelle, turche immigrate in Germania in tenera età, raggiungono la produzione cinematografica dal bisogno di dare forma alla propria personalissima esperienza: è proprio questa partecipazione così carica ad animare la pellicola, avvolgendola di familiarità ed emotiva intensità
Accanto alle Samdereli, merita una menziona il giovanissimo Alex Shaffer, co-protagonista di “Win Win” al fianco di Paul Giamatti. Nonostante il suo personaggio sia molto silenzioso, a Shaffer va riconosciuta l’abilità di renderlo particolarmente espressivo, una dote che di certo tornerà utile al novello interprete negli anni a seguire.
I FLOP E I TOP
Veniamo alle note dolenti del fine settimana:
3°. Una ramanzina va fatta a Edo Tagliavini. Nonostante il suo “Bloodline” si sia aggiudicata la proiezione cinematografica, non si tratta sicuramente di una pellicola che brilli per originalità e conduzione registica. Niente è totalmente deprecabile e “Bloodline” diventa l’espressione della mediocrità.
2°. Al secondo gradino Gaspar Noè. Ossessionato dall’idea di stupire, il regista esagera trasformando il suo “Enter the Void” in una pura e narcisistica espressione di stile e tecnica.
1°. Si aggiudica il titolo di peggiore del weekend David Dobkin. Il regista di “Cambio Vita” per buona metà del film illude la platea, suggerendo un finale tutto nuovo per un format visto e rivisto: nonostante le premesse d’innovazione Dobkin non riesce a portare a compimento ciò che aveva preannunciato, annoiando e invertendo con troppa macchinosità la propria pellicola.
Dopo tanto criticare, premiamo i migliori:
3°. Medaglia di bronzo a Paul Giamatti. Dopo la lunga gavetta da co- protagonista troppo spesso posto in secondo piano, l’interprete a saputo aggiudicarsi le scene avanzate a suon di ottime interpretazioni, da ultimo quella di “Win Win”.
2°. Secondo posto a Jean Dujardin. Affiancato in “The Artist” dalla splendida Berenice Bejo, Dujardin fa sfoggio del suo enorme talento, trasformando la difficoltà del film muto in un’interpretazione d’autore. Il risultato: il Premio alla Miglior Interpretazione Maschile al Festival di Cannes.
1°. Ancora da “The Artist”, il migliore della settimana, Michel Hazanavicius. Regista francese dal cuore di celluloide, idea e costruisce una pellicola straordinarae per originalità e realizzazione. Perfetto dietro e davanti le telecamere, “The Artist” sarà sicuramente uno dei film protagonisti dei prossimi Oscar.
BOX OFFICE
Nonostante le già espresse riserve circa la sua affiliazione al campo della cinematografia, “Ligabue- Campo Volo” si aggiudica, comunque, 722.00.€. Continua l’ascesa ai botteghini di “Midnight in Paris” che raggiunge quota 3.793.430€, contro i 2.393.785€ di “Cambio Vita”, la più remunerativa delle ultime uscite. Mentre continuano ad accumulare milioni e critiche negative i vampiri di Twilight, ci prepariamo a vivere l’ultimo weekend che precede il Natale. Appuntamento a lunedì prossimo
Marco Fiorillo
Pier Lorenzo Pisano