Jennifer Lawrence: Katniss Everdeen
Liam Hemsworth: Gale Hawthorne
Elizabeth Banks: Effie Trinket
Josh Hutcherson: Peeta Mellark
Willow Shields: Prime Everdeen
Woody Harrelson: Haymitch Abernathy
Donald Sutherland: Presidente Snow
Stanley Tucci: Caesar Flickerman
Regia: Gary
Ross
Soggetto:
Suzanne Collins
Sceneggiatura:
Gary Ross, Suzanne Collins
Fotografia:
Tom Stern
Musiche:
T-Bone Burnett
Scenografie:
Philip Messina
Dove un tempo le carte geografiche segnavano il Nord America, ora è lo
Stato di Panem, sorto a seguito di una ribellione che vide vincitrice Capital
City, ora accerchiata da 12 distretti sotto il suo controllo. Ogni anno, ognuno
di quei distretti deve selezionare a caso una giovane donna ed un giovane uomo,
da inviare come tributo agli Hunger Games, cruento spettacolo teatrale in cui
si sfidano fino alla morte i 24 ragazzi. Paura e sottomissione, ecco i
risultati conseguiti da Capital City attraverso i giochi.
Al momento dell’ennesima selezione nel Distretto 12, viene pescata a
sorte la piccola Prime Everdeen, prontamente sostituita dalla sorella maggiore
Katniss, cui si affiancherà Peeta. Insieme raggiungeranno la pittoresca Capital
City, mettendo in gioco la propria vita per il sudicio spettacolo dei potenti.
L’omonima versione post apocalittica della scrittrice Suzanne Collins
incontra il Grande Schermo di Gary Ross, un connubio dai tratti decisamente
discordanti.
Tecnicamente ed esteticamente, si tratta di un vero capolavoro: la
tensione e la fatica della vita da distretto
è resa splendidamente dalle macchine a mano di Ross, mentre la seconda
parte regala tutta la grandiosità del sci-fi d’azione, grazie alla sempre
valevole fotografia di Tom Stern (tra i suoi lavori basti citare “Mystic River”
e “Million Dollar Baby”). L’action cede il posto alla scrittura, da cui
l’ottima riduzione delle pagine della Collins, e si delineano le eccellenti
prove attoriali: delicata quanto fumosa l’interpretazione dell’appena
ventunenne Jennifer Lawrence, attorniata da un cast di ottimi caratteristi, tra
cui è doverosa una menzione per il sempiterno Donald Sutherland. Anche la
destinazione al pubblico più giovane risulta scelta più che giusta, laddove il
mercato aveva rifilato solo “Twilight&co.”.
Ciò che manca, ed è questa mancanza a disturbare il progetto di Ross,
è un’omogeneità di fondo che potesse dare agli Hunger Games un solo spirito.
Laddove le pagine del romanzo potevano attingere all’intera tavolozza delle
tinte narrative, la riduzione di Ross, imboccata per buona parte del girato la
strada della scrittura e del dramma, l’abbandona bruscamente in favore di
un’azione cui finisce per dare poco respiro. Il tutto condensato in 142 minuti
di girato che risultano decisamente eccessivi.
Che si tratti dei già chiacchieratissimi sequel o di nuovi lavori, non
ci resta che sperare che la fortuna sia sempre dalla parte di Gary Ross.
VOTO 5/10
Marco
Fiorillo
Pier Lorenzo
Pisano
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