Katie Holmes: Kim
Guy Pearce: Alex
Bailee Madison: Sally
Allen Dale: Charles Jacoby
Jack Thompson: Harris
Regia: Troy Nixey
Soggetto:
Nigel McKeand
Sceneggiatura:
Guillermo del Toro, Matthew Robbins
Produzione:
Guillermo del Toro, Mark Johnson
Fotografia:
Oliver Stapleton
Musiche:
Marco Beltrami, Buck Sanders
Scenografie:
Roger Ford
Nella sua sontuosa dimora, il pittore Emerson Blackwood mette
disperatamente insieme la macabra ricompensa per il riscatto del figlio di otto
anni, rapito da strane creature che abitano la villa: l’artista uccide una
domestica e ne asporta i denti. Molti anni dopo, la piccola Sally (Bailee
Madison) lascia la madre a Los Angeles per raggiungere il padre Alex (Guy
Pearce) nel Rhode Island. Alex si è da poco trasferito proprio nella tenuta
Blackwood insieme alla nuova campagna Kim (Katie Holmes), con cui l’ha
restaurata e preparata alla vendita.
L’arrivo di Sally risveglia, però, le creature abitanti della dimora.
La pellicola rispolvera l’omonimo film per la televisione diretto nel
1973 da John Newland, di cui riadatta gli schemi tecnici alla migliore
sistemazione sul Grande Schermo e rimaneggia la storia a favore dei tempi che
cambiano. Il risultato è un horror dalle venature popolar-religiose perfettamente
mischiato ad una vicenda familiare. Sally/Madison si trova a fare i conti,
prima che con una villa stregata, con due genitori lontani geograficamente e
emotivamente: come un pacco da consegnare viene catapultata nel nuovo mondo del
padre e della sua compagna Kim/Holmes, con cui stabilisce, almeno nelle prime
battute, un rapporto conflittuale, come
testimoniato da alcune scelte registiche (vedi le sequenze in aeroporto e le
battute riguardanti la spilla di Kim). Corre sugli stessi binari la vicenda
orrorifica, che trova buona realizzazione nell’intreccio di leggenda, cultura
popolare e sindromi psicologiche: tematiche “modaiole”, affrontate, però, con
originalità, come dimostra l’inaspettato finale.
La sapiente conduzione registica, la voglia di indagare il mondo
dell’infanzia nelle sue svariate sfaccettature ed il particolare richiamo alle
opere di Arthur Machen, farebbero giustamente pensare alla firma di Guillermo
del Toro a fine pellicola. Stupisce, e non poco, che il maestro messicano si sia
interessato solo della sceneggiatura, insieme al collega Matthew Robbins, e
della produzione, affiancando Mark Johnson. Un ambivalenza stilistico-
tematica, questa, giustificata dalla scelta del direttore dei lavori: Troy
Nixey, comic book artist posto da qualche tempo sotto l’alta protettiva di del
Toro, che gli affida un progetto in cui ha, volente o nolente, infuso parte
della proprio cultura cinematografica e del proprio animo. Ad un’analisi più
accurata, ciò che allontana Nixey dal suo mentore è la maggiore attenzione
dimostrata per la resa sensoriale, esulando da quella interiorizzazione del
male che tanto impreziosisce le opere di del Toro.
Dietro le telecamere, il talento della coppia protagonista, Nixey- del
Toro appunto, si affianca la più che mai adatta direzione fotografica del
britannico Oliver Stapleton e il commento musicale di Marco Beltrami, l’allievo
di Jerry Goldsmith singolo rappresentante italiano nell’Olimpo hollywoodiano.
Davanti le telecamere, una giovane conferma assai gradita e due
ritorni altrettanti piacevoli. Ai beniamini Katie Holmes e Guy Perce si
aggiunge, infatti, la piccola Bailee Madison: apparsa per la prima in “Un Ponte
per Terabithia”, Bailee diede sfoggio di tutto il suo talento in “Brothers”,
con un’interpretazione forte ed emozionante. L’età ed i già numerosi premi
vinti fanno sperare in una carriera più che rosea.
VOTO 7/10
Marco
Fiorillo
Pier Lorenzo
Pisano
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