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mercoledì 29 febbraio 2012

Il Punto del Weekend


L’ultimo fine settimana di Febbraio regala ben otto pellicole, accontentando ogni tipo di spettatore nelle sale. Andiamo a conoscere i film protagonisti del weekend.

I PROTAGONSITI
In “Un giorno questo dolore ti sarà utile”, il giovane disadattato James schiva coetanei ed università, preferendo trascorrere le proprie giornate con la nonna Nanette. Di certo non è l’unico strambo in famiglia: la madre è una gallerista dal legame affettivo facile, il padre è ossessionato dall’estetica e dal suo apparire mentre la sorella ventitreenne intrattiene una relazione con un professore polacco di cinquant’anni e ha già prodotto le proprie memorie. Il lungometraggio di Roberto Faenza, nato da un’interessante collaborazione tra USA ed Italia, porta in scena l’eterna contrapposizione tra giovani troppo adulti ed adulti troppo ringiovaniti, entrambi alla ricerca del proprio posto nel mondo: l’ironia e la leggerezza con cui ricercano tale posto in “Un giorno questo dolore finirà”, ne fanno un’ottima pellicola.
Nella Londra vittoriana di “Hysteria”, il dottorino Mortimer Granville si ritrova tra le mani la scoperta del primo vibratore della storia, mentre tenta di trovare una cura all’attacco di isteria che ha colto la maggior parte delle signore della capitale. Tra serio e faceto si muove la regista Tanya Wexler, che riprende e rivisita l’invenzione di Granville; fin dall’inizio, e per tutta la durata del girato, scrittura e recitazione non permettono un attimo di serietà, la cui “presenza” si intravede solo sullo sfondo, fatto di rivoluzione scientifica e parità dei sessi. Dopo sette anni di produzione, la fatica rende giustizia al risultato.
Knockout” vede protagonista Mallory Kane, arma letale nella mani del governo statunitense, divenuta superflua e condannata all’eliminazione: fiutato il pericolo durante una missione organizzata a tavolino, Mallory si libera del collega assassino e si prepara a farsi strada a forza di cadaveri verso le vette dell’organizzazione. Considerando il direttore dei lavori, Steven Soderbergh, e la ricchissima squadra che mette insieme (Antonio Banderas, Michael Douglas, Ewan McGregor, Michael Fassbender, Channing Tatum), il risultato poteva e doveva essere migliore.
Accompagnato da patrigno Hank, Sean intraprende un “Viaggio nell’Isola Misteriosa”, dopo aver ricevuto un messaggio criptato dal nonno Alexander che gli rivela la reale esistenza e la posizione dell’isola di Jules Verne. Sequel de “Viaggio al Centro della Terra” del 2008, di cui conserva solo il giovane protagonista Josh Hutcherson, il secondo episodio sfrutta le influenze di ben tre capolavori della narrativa d’avventura (“L’Isola Misteriosa di Verne, “l’Isola del Tesoro” di Stevenson e “I Viaggi di Gulliver” di Swift), elaborando un soggetto di base  rovinato dalla resa troppo facilona. Sarebbe destinato alla visione familiare domestica se non fosse per il solito 3D, oramai diventato la salvezza di troppe pellicole.
A concludere le produzioni d’oltreoceano, “Qualcosa di straordinario”. Gli occhi degli USA, prima, e poi di tutto il Mondo, nel 1989, si posarono in Alaska, dove tre balene rimasero bloccate sotto un’imponente lastra di ghiaccio, impossibile da percorrere in immersione. Dalle televisioni locali ai canali nazionali, i cetacei coinvolsero imprenditori avidi, politici vogliosi di metterci la faccia, un’imbarcazione sovietica e perfino il Presidente Reagan. Prevedendo la realizzazione di un resoconto dettagliato e critico, il risultato finale è, tuttavia, un racconto di breve respiro che abbandona i propositi più coraggiosi in favore del family format: non a caso la protagonista è Drew Barrymore.
Arrivano, invece, dall’Italia “I giorni della vendemmia” e “La scomparsa di Patò”. Nella campagna emiliana del 1984, protagonista della prima pellicola, Elia vive tra fervente cattolicesimo e socialismo nostrano. La sua quotidianità, arrivata all’annuale momento della vendemmia, viene sconvolta dall’arrivo di Emilia, giovane disinvolta in procinto di laurearsi. Opera prima di Marco Righi, la pellicola affronta il più classico degli scontri tra vita cittadina e bucolica: considerato che è stato realizzato in due sole settimane in un’unica location, il risultato è sufficientemente buono. “La scomparsa di Patò” cambia totalmente coordinate spazio-temporali: sul finire dell’800, a Vigata, il Venerdì Santo che precede la Pasqua viene tradizionalmente festeggiato mettendo in scena il Mortorio, dramma della Passione di Cristo. Giuda, come sempre, è interpretato da Patò, funzionario della banca locale che alla fine della rappresentazione scompare, dando avvio alle indagini della polizia cittadina. Per il suo lungometraggio, Rocco Mortelliti si affida, oltre che a quella di Maurizio Nichetti, alla penna di Andrea Camilleri, riducendone con dovizia e sagacia l’omonimo romanzo; le macchinazioni di scrittura  incontrano una buona prova corale attoriale.
Infine, arriva dalla Francia il vero capolavoro del weekend, “Quasi Amici”. Povero e disastroso, Driss; borghese e paraplegico, Philippe. Le loro vite cambiano quando si incontrano: l’austerità del mondo dell’anziano viene stravolta dal giovane, in un misto di emozione, dramma e comicità. Ciò che emerge immediatamente è il perfetto connubio dell’entourage, dietro e davanti le telecamere: i registi Nakache e Toledano riescono a rendere l’incontro/scontro tra i protagonisti con originalità, dinamicità, pulizia ed estrema ironia; Francois Cluzet e Omar Sy, rispettivamente Philippe e Driss, si fanno carico di un’interpretazione magistrale e delicata.

LE SORPRESE
Vanno segnalate le prove di due attori, questo finesettimana. Inglese del 1991, Toby Finn Regbo iniziò a lavorare come attore nel 2006 ma la fama arrivò con l’interpretazione di Nemo Nobody, in “Mr Nobody”;  approda così all’ultimo “Un giorno questo dolore ti sarà utile”, in cui dimostra un talento grezzo ma sicuramente presente. Viene dagli States, invece, Gina Carano, campionessa di Muay Thai e Mixed Martial Arts e protagonista di “Knockout”, sua prima interpretazione sul Grande Schermo: l’estrema fisicità e preparazione atletica, perfettamente bilanciata dalla studiata caratterizzazione del proprio personaggio, ne fanno la portavoce di una nuova categoria di eroine che, si spera, possa essere alimentata nel corso del tempo.

I FLOP E I TOP
I peggiori della settimana:
3°.    Richiamo più che condanna per Steven Soderbergh. Il regista di “Knockout” da forma al più classico degli spy movie intrisi di action, che vede in Gina Carano l’unica chiave di lettura positiva ed originale.
2°.    Si spartiscono il secondo gradino del podio Drew Barrymore e Sir Michael Caine. La prima, dopo “Stanno tutti bene”, ritrova una partecipazione di poco spessore; il secondo si concede ad una produzione di poco spessore (“Viaggio nell’Isola Misteriosa”), cercando, probabilmente, di impreziosirne la qualità.
1°.    Ken Kwapis occupa il podio dei cattivi. Il regista di “Qualcosa di straordinario” programma un racconto da documentario con sfumature critiche dirette alle morbose attenzioni dei media, per dirottare verso un film di cassetta, salvato dalle spettacolari balene animatroniche.
Ed infine, i migliori della classe:
3°.    Medaglia di bronzo a Tanya Wexler. Romanzando la reale invenzione del primo sex toy della storia, la regista statunitense da vita ad una parabola di divertimento sottile ed intelligente, mai volgare nonostante il tema trattato ed estremamente adatta alle coordinate spazio-temporali.
2°.    Secondo posto del podio per Roberto Faenza. La sua direzione della pellicola italo-americana “Un giorno questo dolore ti sarà utile” rinfoltisce le fila della categoria “commedia d’età”, aggiungendo poco ma rimanendo estremamente piacevole.
1°.    Medaglia d’oro a Omar Sy. L’attore comico francese d’origini senegalesi si lancia in un’interpretazioni intensa ma facilmente godibile, che gli vale il prestigioso Premio Cesar 2012 per il Miglior Attore.

BOX OFFICE
Il pubblico italiano non si smentisce mai: delle new entry è “Viaggio nell’Isola Misteriosa” a guadagnare la vetta, con 1.6 milioni di €, seguito, fortunatamente, da “Quasi Amici”, a 1.4 milioni di €. “In Time” “Paradiso Amaro” e “Com’è bello far l’amore” risentono dell’aumento delle temperature e non superano il milione mentre esce dalla top ten, dopo sei settimane di podio, “Benvenuti al Nord”, arrivato a 27 milioni di €.

Marco Fiorillo
Pier Lorenzo Pisano  

Viaggio nell’Isola Misteriosa (2012)

Josh Hutcherson: Sean Anderson
Dwayne Johnson: Hank Parsons
Michael Caine: Alexander Anderson
Vanessa Hudgens: Kailani
Luis Guzman: Gabato
Kristin Davis: Liz Anderson

Regia: Brad Peyton
Soggetto: Richard Otten, Brian e Mark Gunn
Sceneggiatura: Brian e Mark Gunn
Fotografia: David Tattersall
Montaggio: David Rennie
Musiche: Andrew Lockington
Scenografie: Bill Boes
Brillante quanto ribelle, il giovane Sean cerca in tutti i modi di riallacciare i contatti con il nonno Alexander, avventuriero di poco conto ormai scomparso da anni. Una notte riceve dall’anziano parente un messaggio crittato che decifra insieme al patrigno Hank: Alexander suggerisce al nipote la rotta per arrivare all’Isola Misteriosa di cui racconta Jules Verne nell’omonimo romanzo. I due partiranno all’avventura, accompagnati da una bella e da un goffo amico.

Dopo il grande successo riscosso nel 2008 da “Viaggio al centro della Terra”, le compagnie Walden Media e New Line Cinema decisero subito di proporne un seguito, come annunciato con precisa lungimiranza nel finale dello stesso lungometraggio. È così che nasce il sequel “Viaggio nell’Isola Misteriosa”, che trova la direzione del poco conosciuto Brad Payton. Il regista canadese, forte della sceneggiatura dei fratelli Gunn, si ispira non ad uno, non a due, bensì a tre romanzi, “L’Isola del tesoro” di Stevenson e “I Viaggi di Gulliver” di Swift, oltre a “L’Isola Misteriosa” di Jules Verne: i più grandi diventano piccoli e viceversa, un vulcano erutta oro, le macerie atlantidee si inabissano con secolare periodicità, una sporgenza sommersa nasconde il Nautilus del Capitano Nemo e un mal celato Allan Quatermain sgomitano sullo schermo facendosi spazio verso le poltroncine della sale, grazie alla tecnologia 3D. Anche se il soggetto di base rischia di interessare, causa la triplice ispirazione, ciò che rende il progetto definitivamente mediocre è lo sviluppo dello stesso: tutto accade troppo velocemente ed in modo facilone, minando la credibilità del progetto.

Nonostante il format non cambi rispetto al primo “Viaggio al Centro della Terra”, sia il cast che l’entourage vengono sostituiti. L’unica presenza costane è quella del protagonista Josh Hutcherson: il ragazzo del Kentucky cominciò la carriera nel 2000, partecipando alla famosa serie “E.R.- Medici in prima linea”, e da allora si è lasciato alle spalle numerose interpretazioni, da “Zathura” fino al più impegnato “I Ragazzi stanno bene”. Brandon Fraser viene sostituito dal peso massimo Dwayhne Johnson, alias The Rock, che dimostra ancora una volta che i suoi muscoli vantano una buona componente di celluloide, mentre Vanessa Hudgens prende il posto di Anita Briem: la beniamina di High School Musical si è ritagliata un posto nei cuori di tutti i teenager americani e il suo utilizzo in scena (pantaloncini&canotta) rimanda ad una studio più che preciso. Cerca di dare spessore al tutto Sir Michael Caine che, facendo il paio allo Sean Connery de “La Leggenda degli Uomini Straordinari”,  concede all’inestimabile carriera un momento di pausa e leggerezza.

Ancora una volta il vecchio incontra il moderno, l’editoria da spunto alla cinematografia e niente di nuovo viene aggiunto: il risultato è un film formato famiglia destinato alla visione nei pomeriggi domenicali.


VOTO 5/10
Marco Fiorillo
Pier Lorenzo Pisano

lunedì 27 febbraio 2012

84° Academy Awards


Sull’Hollywood Boulevard, al di fuori del Teatro El Capitan, la festa comincia molto prima della consegne delle ambite statuine degli Academy Awards. “On the Red Carpet” sgomitano fans e giornalisti d’ogni nazionalità (anche le nostrane Simona Ventura e Alessandra Venezia), addetti alla sicurezza e addetti stampa. Tra i luccichi dei monili delle ladies e i flash delle macchine fotografiche fanno il loro arrivo le prime stars: George Clooney, accompagnato dalla bellissima Stacy Kiebler, Rooney Mara, Melissa McCarthy ed ancora Gwyneth Paltrowe, Colin Firth e via così fino a Natalie Portman, intervistata già all’interno del teatro.
Ormai l’ansia è palpabile quanto la magia che permea l’aria stessa. Il Red Carpet si svuota ed una marea fatta di stelle e talento si riversa nell’El Capitan per l’84° edizione degli Academy Awards.
 È Morgan Freeman a dare avvia alla vera Notte degli Oscar, introdotto dal nove volte presentatore degli Academy, Billy Crystal, che, dopo la consueta piece canora, dà inizio alle premiazioni. Le 6 “amiche della sposa” si occupano della categoria Miglior Corto: la statuina al Miglior Corto spetta a “The Shore” di Terry e Ooriagh George, quella di Miglior Corto Documentario al toccante “Saving Face” di Daniel Junge e Sharmeen Obaid-Chinoy mentre viene premiato come Miglior Corto Animato “The Fantastic Flying Books of Mr Morris Lessmore”, assegnazione che vede sfumare le speranze di Enrico Casarosa, genio italiano delle fila della Pixar. Seguono le premiazioni del Miglior Documentario e del Miglior Film Straniero: le due categorie vedono vincitori rispettivamente “Undefeated”, che segna la sconfitta inattesa di “Pina”, e l’iraniano “A Separation”, la cui premiazione dimostra, alla maniera di “Saving Face”, l’attenzione nutrita dal Cinema nei confronti delle tematiche di più stretta attualità.  Conclude la prima trance l’Oscar al Miglior Film d’Animazione per “Rango”, il camaleonte di Gore Verbinski doppiato da Johnny Deep.
Comincia poi la lunga serie di Oscar tecnici, terreno dello scontro tra le due pellicole più quotate di questa 84° Notte degli Oscar, “The Artist” e “Hugo Cabret”. È una lotta a colpi di statuine: il direttore della fotografia Robert Richardson, gli scenografi Dante Ferretti e Francesca lo Schiavo, i responsabili del montaggio sonoro Philip Stockton e Eugene Gearty e quelli del missaggio sonoro Tom Fleischman e John Midgley, gli animatori grafici Rob Legato, Joss Williams, Ben Grossmann e Alex Hennings portano avanti il lungometraggio di Martin Scorsese, trovando la risposta del compositore Ludovic Bource e del costumista Mark Bridges, impegnati invece nella pellicola francese. L’Oscar al Miglior Trucco vede la premiazione di Mark Couler e J. Roy Helland per il lavoro svolto sulla Margaret Tatcher di Meryl Streep, quello per la Miglior Canzone Originale va a Bret McKenzie per il brano “Man or Muppet” mentre il Miglior Montaggio vede premiati Kirk Baxter e Angus Wall, dell’entourage de “Millenium- Uomini che odiano le Donne”. Arriva, poi, il momento della categoria delle sceneggiature, presentata dalla bellissima Angelina Jolie. L’Oscar alla Miglior Sceneggiatura Originale viene assegnato a Woddy Allen per il suo “Midnight in Paris”: assente come da tradizione, la statuina del regista viene ritirata direttamente dallo staff degli Academy. Per la Miglior Sceneggiatura non Originale viene, invece, premiato Alexander Payne che ha ridotto per il Grande Schermo il romanzo di Kaui Hart Hemmings “Eredi di un mondo sbagliato”: il regista statunitense tiene fede alla promessa fatta alla madre ed le dedica il premio, come fece a suo tempo Javier Bardem.
È, poi, Cristian Bale a guadagnare il palco per assegnare la statuina alla Miglior Attrice non Protagonista: trionfa l’emozionatissima Octavia Spencer, reduce dall’enorme successo di critica e pubblica di “The Help”. Rapido cambio di presentatore (Melissa Leo arriva a calcare il palcoscenico dell’ El Capitan)  e viene assegnata la statuetta al Milglior Attore non Protagonista: ad 82 anni Christopher Plummer vince il premio inseguito fin dalla nascita, come ammette lo stesso attore nel consueto discorso di ringraziamento, stabilendo il record di premiato più anziano degli Academy Awards.
Il momento dell’ In Memoriam, consueta celebrazione delle perdite annuali del mondo del Cinema, questa volta più sobria del solito, da avvio alle premiazioni delle categorie più attese.
 Cominciamo dagli attori protagonisti. La delicata Natalie Portman, dopo la vittoria registrata l’anno passato, calca il palcoscenico degli Academy con molta più serenità nell’assegnare la statuetta al Miglior Attore Protagonista: ad essere premiato è Jean Dujardin, attore quarantenne nato in un paesino a bordo della Senna, alla sua prima candidatura agli Oscar e già soprannominato il “George Clooney francese”. A premiare la Miglior Attrice non Protagonista è, invece, è il britannico Colin Firth:  tra le tre giovani Viola Davis, Rooney Mara e Michelle Williams e la veterana Glenn Close, ha la meglio la senatrice della “Macchina dei Sogni” Meryl Streep; alla terza statuina ed alla diciassettesima candidatura parlare di una protagonista della storia del Cinema sembra più che doveroso.
Un attimo per rifiatare e siamo alla categoria Miglior Regista dell’anno. La premiazione, condotta da Michael Douglas, vede la vittoria di Michel Hazanavicius: sconosciuto ai più fino a poco tempo fa, mosse i primi passi sul piccolo schermo, continuando poi con varie opere parodiche al fianco proprio di Jean Dujardin; il suo incredibile impegno nell’opera di documentazione sui film muti presso i laboratori parigini ne segna il prevalere su quattro mostri sacri della cinematografia, Alexader Payne, Martin Scorsese, Woody Allen e Terrence Malick.
La bagarre è ormai alle stelle, manca una sola categoria, la più attesa. Sul palco l’action hero più famoso di sempre, Tom Cruise. In lizza per il premio al Miglior Film, nove pellicole. Dopo ben 83 anni, torna a vincere un film muto, oltre che in bianco e nero, “The Artist”, sintesi perfetta di perfezione tecnica, gusto cinefilo e recitazione d’alta scuola.

A voler tirar le somme, si sostanzia una parità tra “Hugo Cabret” e “The Artist”, nonostante la pellicola francese trionfi nelle categorie più prestigiose, testimonianza questa della tradizione che vuole il film più premiato tecnicamente perennemente escluso dalle assegnazioni più importanti.
Gli Oscar quest’anno incontrano e il cambiamento delle dinamiche di votazione, e la composizione della giuria, al 94%  bianca, al 77% di sesso maschile, al 20% fatta d’attori e dalla media d’età di 62 anni: tutti dati che, oltre a spiegare buona parte delle statuine, motivano i grandi assenti della serata, su tutti Ryan Gosling e Michael Fassbender. Se a ciò aggiungiamo alcune defezioni d’eccezione come quelle di George Lucas e Viggo Mortensen, cui si sostituiscono Vin Diesel e Lorenzo Lamas, il gioco è fatto.

Giuria e pubblico lasciano le poltroncine del El Capitan. Tutta l’emozione si disperde non per scomparire ma solo nell’attesa che un altro anno di Cinema passi. L’appuntamento è già fissato per il prossimo 26 Febbraio.

Marco Fiorillo
Pier Lorenzo Pisano