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venerdì 11 novembre 2011

Take me home tonight (2011)


Christopher Topher Grace: Matt Franklin
Anna Faris: Wendy Franklin
Dan Fogler: Barry Nathan
Teresa Palmer: Tori Frederking
Chris Pratt: Kyle Masterson
Michael Biehn: Bill Franklin
Jeanie Hackett: Libby Franklin
Lucy Punch: Shelley
Michelle Trachtenberg: Ashley
Demetri Martin: Carlos
Nathalie Kelley: Beth
Regia: Michael Dowse
Soggetto: Jackie e Jeff Filgo
Sceneggiatura: Jackie e Jeff Filgo
Fotografia: Terry Stacey
Musiche: Trevor Horn

Appena laureatosi al prestigioso MIT di Boston, Matt Franklin (Christopher “Topher” Grace”) passa le sue giornate lavorando come commesso in un videonoleggio, ancora indeciso sulla strada da intraprendere nella vita. L’unica certezza è il ritorno in città di Tori Friederking (Teresa Palmer), la sua fiamma del liceo: fingendosi un affermato direttore di banca, Matt stabilisce con Tori d’incontrarsi alla festa del Labour Day che si terrà a casa di Kyle (Chris Pratt), fidanzato della sua gemella Wendy (Anna Faris). Così i fratelli Franklin, accompagnati dall’amico Barry (Dan Fogler), disperato dopo aver perso il lavoro nell’autosalone in cui lavorava dalla fine del liceo: i tre non sanno che ad aspettarli è la notte più lunga, importante e decisiva della loro vita.
A primo impatto “Take me home tonight”, primo lungometraggio degno di nota del regista Mark Dowse, può sembrare l’ennesima commedia, divertente e dal sapore giovanile. Sicuramente l’ironia non manca ma la pellicola vanta sicuramente qualcosa in più. E’ la storia degli universi di tre giovani adulti che si preparano ad imboccare la strada della vita vera, che escono dall’ovattato nido familiare ed universitario per affrontare il mondo dei grandi, del lavoro, delle responsabilità. Ed ognuno lo fa a suo modo. Wendy/Faris non viene ammessa a Cambridge ma rifiuta l’offerta di matrimonio avanzatagli dal fidanzato Kyle/Pratt perché quello che l’aspetta è molto più di un matrimonio. Barry/Fogler, dal canto suo, ha cominciato a lavorare appena terminato il liceo e della gioventù ricorda ben poco, infilatosi troppo presto nel mondo dei grandi: ha bisogno di una notte brava fatta di rapine d’auto, cocaina e sesso estremo per capire che la vita è ancora tutta davanti a lui. Infine il protagonista, Matt/Grace, brillante ed intimorito ad un tempo, non ha mai affrontato niente, non ha mai preso una decisione prima di imparare che il futuro è nelle sue mani, basta stringerle. È una lunga corsa a perdifiato prima che arrivi l’alba perché, si sa, certi colpi vanno sparati senza pensare, solo per sentire il colpo del fucile, parola di papà Franklin/Biehn.
Ben ricostruito è,inoltre, l’universo americano di fine anni ’80, con il boom finanziario di Wall Street, le musiche, le acconciature, gli abiti. Anche la scelta di associare il “goffo ed intelligente liceale” alla “bella bionda” strizza l’occhio a certe produzioni del periodo.
Alla prima direzione importante, Dowse si avvale di un cast giovane ma che non dispiace affatto. Topher Grace, meglio conosciuto con lo pseudonimo di “Eric Forman”, ruolo interpretato sul piccolo schermo nella famosa sitcom “That ‘70s Show”, approdò al cinema da protagonista solo nel 2004, recitando in “In Good Company” e “Appuntamento da sogno”, prima di finire nel cast di “Spiderman 3” nei panni del villain Venom. Al suo fianco la promessa Dan Fogler, la bella Teresa Palmer, in lizza per il ruolo di “Talia Al Ghul” nel terzo ed ultimo episodio del “Batman” di Chris Nolan, e Anna Faris accompagnata dal fidanzato Chris Pratt, che pure avevamo visto insieme la settimana scorsa in “Sexlist”. Si aggiungono Michael Biehn, lanciato al successo da James Cameron che lo scelse per interpretare “Kyle Reese” in “Terminator”, ed il trio tutto femminile costituito da Lucy Punch, Michelle Trachtenberg e Nathalie Kelley.
Troppo impegnato per essere una semplice commedia ma non così serio da essere un film impegnato, “Take me home tonight” piace proprio per l’approccio con cui viene girato. Una pellicola destinata ad un pubblico giovane ma che ha il merito di depositare un lascito in ogni spettatore.
VOTO 6/10
Marco Fiorillo
Per Lorenzo Pisano

Il Paese delle Spose Infelici (2011)


Il paese delle spose infelici
Titolo originale: Il paese delle spose infelici
Italia: 2011. Regia di: Pippo Mezzapesa Genere: Drammatico Durata: 85'
Interpreti: Aylin Prandi, Rolando Ravello, Valentina Carnelutti, Antonio Gerardi, Luca Schipani, Teresa Saponangelo, Nicola Rignanese, Gennaro Albano, Vincenzo Leggieri, Roberto Corradino, Nicolas Orzella
Sito web ufficiale:
Sito web italiano:
Nelle sale dal:11/11/2011 Roma 2011
Voto: 5Trailer
Recensione di:
Daria Castelfranchi
L'aggettivo ideale: Inconcludente
Scarica il Pressbook del film
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Ci sono realtà squallide e tristi nella provincia italiana e Pippo Mezzapesa ha raccontato quella dei dintorni di Taranto, dove un gruppo di ragazzini senza speranza va incontro alla vita con leggerezza, malinconia e curiosità.
Tratto dall’omonimo romanzo di Mario Desiati e in concorso al sesto Festival Internazionale del Film di Roma, il film di Mezzapesa è uno spaccato crudo e realistico di quell’Italia che pochi conoscono e pochi vogliono vedere ma che, purtroppo, è attuale come non mai.

Con intensi primi piani e la macchina da presa che si muove tra loro, il regista mette in risalto lo stato d’animo dei giovani protagonisti, confusi e rabbiosi nei confronti di una realtà che sembra non offrire vie d’uscita. Degrado fisico e ambientale ma anche malinconia e ingenuità, ed un paesaggio che accomuna campagne bucoliche e fumo denso delle ciminiere.

Molto intense le interpretazioni dei giovani protagonisti, divisi tra allenamenti di calcio, filmini porno in compagnia e una donna che ha tentato “di volare” buttandosi dal tetto di una chiesa.
Molto suggestiva l’immagine dell’abito bianco che svolazza tra le guglie di una chiesa barocca: ennesimo ritratto della solitudine di chi vive in questa condizione di isolamento dal resto del paese. Innocenza e ribellione si fondono nel personaggio di Zazà, il duro del gruppo, che accoltella uno spacciatore che ha portato Annalisa sul suo camper con il turpe proposito di abusare di lei.
Se dal canto suo il regista ha ritratto in maniera vivida una condizione di disagio giovanile, la sceneggiatura tutto sommato appare priva di verve e di colpi di scena.
Lo spunto di riflessione c’è ma il film non decolla e si appiattisce sul suo nobile intento.

Bad Boy Bubby (1993)


Ciclo "Per non dimenticare": Storie di Vita

Regia Rolf de Heer

Nicholas Hope: Bubby
Claire Benito: Madre di Bubby
Ralph Cotterill: Pop
Carmel Johnson: Angel
Syd Brisbane: Yobbo
Norman Kaye: The Scientist
Paul Philpot: Paul, il cantante
Peter Monaghan: Steve
Natalie Carr: Cherie the Salvo
Rachael Huddy: Rachael
Bridget Walters: Madre di Angel
Audine Leith: Fondled Salvo

Un incipit degno di una piecè teatrale grottesca. Un unico ambiente: una casa, che dell’immaginario legato alle case non ha niente, sembra piuttosto una prigione. Grigia, scura, trasandata, sporca. Al suo interno vivono in una sorta di simbiosi una anziana donna dal seno generoso e suo figlio, trattato come un animale, dotato a stento della parola, che preferisce comunicare attraverso l’imitazione perfetta delle voci e degli stimoli esterni che gli giungono.
In un contesto già così malato, aggiungiamo che la madre abusa sessualmente dell’inconsapevole figlio ogni sera, e che lo tiene segregato in “casa”, dicendogli che fuori l’aria è velenosa e sostiene questa bugia portando con sé una maschera a gas quando si reca all’esterno. Dal canto suo Bubby, (un Nicholas Hope eccezionale che si è aggiudicato un AFI Award nel 1994), ha timore anche di avvicinarsi soltanto alla porta, timore generatogli dalla madre nel corso degli anni: basta accennare all’esterno per scatenare in lui violenti attacchi respiratori.
La situazione sembra destinata a durare in eterno tuttavia il destabilizzante andamento degli eventi costringerà Bubby ad affrontare il mondo esterno completamente solo.
Guarda ogni cosa col candore di un bambino, ed in realtà lo è. Vive situazioni incredibili che miracolosamente si volgono spesso a suo favore. Analizzato per tutta la durata della pellicola, Bubby vivrà il suo complesso edipico in tutta la sua completezza: ha già avuto la madre, e vorrà ed otterrà solo ragazze identiche a lei. Il suo atteggiamento camaleontico nei confronti della vita è la cifra del suo personaggio. Totalmente privo di idee proprie, assorbe quanto c’è da assorbire e lo usa al momento giusto: quasi un paradossale e neutro spettro verso il quale tutti lanciano degli stimoli, e lui, fluido come acqua, si adegua immediatamente cambiando il suo corpo, la sua voce, il suo mondo di pensare, se ne ha uno.
Il film è un piacere da guardare, perchè si succedono tantissime situazioni diverse, imprevedibili data l’imprevedibilità del personaggio principale, e ogni istante qualcosa può capovolgere gli eventi. Il ritmo a volte si perde un pò per strada ma la vicenda si lascia seguire ed appassiona lo spettatore. Ricco di dialoghi intelligenti che spesso toccano tematiche religiose ed il rapporto contrastato con Dio, ottime atmosfere, interpretazioni molto convincenti: a questi punti di forza della pellicola si vanno ad aggiungere certe sperimentazioni che danno i loro frutti.
L’uso di 31 direttori della fotografia a seconda dell’ambientazione, che invece di frammentare l’insieme lo rende efficacemente più vario, come se fossero una serie di piccole storie legate dal filo conduttore del folle e fortunato protagonista.
Inoltre l’attore principale indossa in ogni scena dei microfoni binaurali nelle orecchie così che aggiungendo successivamente il suono alla pellicola, lo spettatore senta quello che sente lui, nel modo in cui lo sente lui. Questo favorisce l’immersione nella pellicola ed è evidente soprattutto nella scena iniziale, dove si sente sempre un sommesso fruscio di fondo.
VOTO: 7/10
Pier Lorenzo Pisano
Marco Fiorillo

lunedì 7 novembre 2011

Il punto del weekend

Il primo venerdì di Novembre inaugura una fine settimana di qualità e quantità per il cinema, in particolare per quello “made in Italy” che porta nelle sale del Paese ben tre pellicole. Vediamo insieme i film in programmazione in primo weekend di brutto tempo, segnalando i protagonisti e le sorprese, tirando un bilancio circa i migliori ed i peggiori risultati e analizzando le risposte del pubblico.

I PROTAGONISTI

Arriva dagli States la produzione più interessante ed attesa del fine settimana, “The Warrior”. Il film racconta la storia di due fratelli, Tom e Brandon, divisi in gioventù da un padre distante e alcolizzato. L’odio ed il silenzio di quattordici anni scoppiano sul ring quando i due fratelli, ormai uomini, si rincontrano da combattenti rivitalizzati dalle vicissitudini della vita. Un film che miscela alla perfezione dramma e agonismo sportivo, caratterizzato dall’ottima prova del trio protagonista, Tom Hardy e Joel Edgerton sono i figli di un sempreverde Nick Nolte, e perfettamente diretti da Gavin O’Connor, al suo terzo lungometraggio.

Sempre dagli Usa arriva “Sexlist” (“What’s your number?” è il titolo originale), commedia ironica e un po’ piccante targata Mark Mylod. Tra i cliché triti e ritriti del format si muove Anna Faris nei panni di Ally, una quasi trentenne senza lavoro, senza fidanzato ma con eccessiva libido secondo una rivista americana: la ragazza si lancia alla ricerca dell’uomo della sua vita che sarà l’ultimo con cui andrà a letto. Al suo fianco Chris Evans, che depone lo scudo di Capitan America per imbracciare la chitarra del ragazzo della porta accanto.

Arriva, invece, dall’Australia ma ha il sapore classico della saga action all’americana, “The Tomorrow, When the War Began” è la prima prova registica di Stuart Beattie, sceneggiatore australiano già famoso per la collaborazione alla serie de “I Pirati dei Caraibi”, che per l’occasione sventola con orgoglio patriottico la bandiera del continente, riducendo per il grande schermo la saga letteraria nata dalla penna dell’australiano John Marsden. Protagonisti della vicenda sono dei giovani che festeggiano la fine dell’anno scolastico con una gita fuoriporta: il gruppo, capitanato dalla “voce narrante” Ellie (Caitlin Stasey), nel ritornare in città la trova svuotata e sotto l’attacco di un’ignota forza straniera. Primo di una collana di sette volumi, “The Tomorrow Series”, questo il titolo scelto per la distribuzione italiana, ci prepara ad almeno un altro paio di episodi.

Progetto sofisticato e sperimentale ad un tempo, “Pina 3D” è un film-documentario che celebra l’immenso talento della coreografa tedesca Pina Bausch, personalità di spicco del mondo del balletto e del teatro scomparsa nel 2009. Dedica alla sua memoria questa pellicola, il regista di Dusseldorf Wim Wenders che, così facendo, riprende un’idea già messa in piedi in collaborazione con la stessa Pina, cui era legato da una profonda amicizia. L’uso del 3D riprende ,in un certo senso, quella tensione della Bausch a voler superare i confini e conferisce alla pellicola un sapore diverso, innovativo. Un film che sicuramente risulta più godibile ad un intenditore ma comunque un’opera ben fatta.

Si apre, infine, la parentesi italiana. Domina la scena “I Soliti Idioti”, famosissima serie di sketch trasmessa su MTV e portata sul Grande Schermo dai due autori e protagonisti Fabrizio Biggio e Francesco Mandelli. I due comici cavalcano l’onda dell’enorme successo raggiunto in televisione adattando, non senza difficoltà, le proprie scenette in un lungometraggio: c’è da apprezzare lo sforzo ma il risultato non è dei migliori. Esempio di cinema più impegnato è, invece, il terzo lungometraggio di Marina Spada, “Il mio domani”. La storia è di quelle delicate ed intense a cui ci ha abituato la Spada: Monica, donna in carriera milanese interpretata da una convincete Claudia Gerini, cerca di spezzare i legami con un passato che non le permette quella felicità tanto agognata, cercando il proprio cambiamento proprio come in piena trasformazione è Milano, sottoposta ad un’interessante resa estetica. In ultimo, “La Kryptonite nella borsa”, opera prima di Ivan Cotroneo, che desume il soggetto da un suo romanzo omonimo. Sullo sfondo della Napoli degli anni ’70 si muove la famiglia Sansone, padre e madre divisi dai tradimenti di lui, e Peppino, il figlio, abbagliato dalla figura di Salvatore, un supereroe ai suoi occhi, elevato al rango di compagno di vita. Un ottimo esordio per il giovane Cotroneo capace di rilanciare un cinema semplice e reale. Sotto la sua direzione Luca Zingaretti, Valeria Golino, Cristiana Capotondi ed il gruppo Planet Funk, che partecipa alla realizzazione della colonna sonora.

LE SORPRESE

Sorprendono piacevolmente le due pellicole italiane firmate Cotroneo e Spada. Due drammi familiari prima di tutto. Un film di formazione, “La Kryptonite nella borsa”, incentrato sulla figura del piccolo Peppino: nove anni, un padre distante, una madre ferita, degli zii strambi ed un supereroe come unico amico immaginario. È già cresciuta la bambina de “Il mio domani”, una donna legata a doppio filo al nido paterno. Alchimie di generazioni lontane nel tempo ma protagonisti degli stessi dolori, delle stesse ricerche. Regista emergente Cotroneo, affermata addetta ai lavori Spada, rappresentano quel cinema italiano di qualità che troppo spesso è messo da parte in favore di produzioni commerciali e grossolane che fanno la faccia della nostra cinematografia all’estero. Il rischio è d’esser sottoposti anche “noi” a quel processo di americanizzazione tanto di moda ai giorni nostri.

I FLOP E I TOP

Arrivano le note dolenti della settimana, la classifica dei cattivi:

3°. Medaglia di bronzo all’esordiente Stuart Beattie, regista de "The Tomorrow Series”. Ennesima riduzione cinematografica di una saga letteraria, Beattie svolge bene il “compitino”, senza dare un’anima al girato: non un fallimento vero e proprio ma di sicuro si poteva fare di meglio.

2°. Bassa riuscita tecnica ha la trasposizione sul Grande Schermo degli sketch dei comici di MTV Biggio e Mandelli, seriamente in difficoltà nel traghettare la propria comicità nel nuovo formato del lungometraggio. Figurarsi che già si parla di ben due seguiti…

1°. Re dei Flop della settimana il regista Mark Mylod. Occupa le sale con “Sexlist”, commediola scontata e banale, sfruttando al peggio le doti di un’attrice comica nata come Anna Faris che, comunque, riesce a salvare il salvabile strappando qualche risata. Una magra consolazione.

Dulcis in fundo, i primi della classe del weekend:

3°. Tra le produzioni italiane spicca la terza perla stillata da Marina Spada, che gestisce al meglio storia, resa estetica e direzione tecnica, forte anche della performance offerta da Claudia Gerini.

2°. Si aggiudica il secondo gradino del podio l’avveniristico progetto di Wim Wenders, che vanta il merito d’aver dato anima e connotazione qualitativa al vero protagonista del cinema moderno, il 3D.

1°. Si laurea campione del finesettimana “Warrior”. Una storia commovente ed intensa, realizzata splendidamente e interpretata con maestria da Tom Hardy e Joel Edgerton, due matricole che hanno trovato la fama troppo tardi, dopo anni di gavetta. Un capolavoro di cui si parlerà a lungo.

BOX OFFICE

Nonostante le perplessità che ne accompagnano la realizzazione, domina i botteghini la new entry “I Soliti Idioti”, con 4.492.771,68 € incassati in sole 72 ore. Accompagna in vetta la pellicola targata MTV un altro film italiano, “La peggior settimana della mia vita”, che migliora gli introiti nella seconda settimana di programmazione, raggiungendo quota 6 milioni di €. Deludono le altre nuove uscite, in particolar modo “La Kryptonite nella borsa” e, a sorpresa, “Warrior”, dando alle pellicole già in distribuzione la possibilità di aumentare gli incassi.

Marco Fiorillo

Pier Lorenzo Pisano

domenica 6 novembre 2011

Sexlist (2011)


Anna Faris: Ally Darling
Chris Evans: Colin Shea
Blythe Danner: Ava Darling
Mike Vogel: Dave
Dave Annable: Jake
Martin Freeman: Simon Forester
Zachary Quinto: Jake “Jimmy” Quinton
Anthony Mackie: Tom
Chris Pratt: Donald
Joel Mc Hale: Paul Tyler
Andy Samberg: Jerry
Eliza Coupe: Sheila Darling
Ed Beagley Jr.: Terry Darling
Regia: Mark Mylod
Soggetto: Karyn Bosnak
Sceneggiatura: Gabrielle Allan, Jennifer Crittenden
Fotografia: J. Michael Muro
Musiche: Aaron Zigman
Scenografie: Jon Billington

Senza lavoro e senza fidanzato alla soglia dei trenta, con la sorella Sheila (Eliza Coupe) ormai prossima all’altare ed una madre (Blythe Danner) fin troppo interessata alla sua vita sentimentale, Ally (Anna Faris) entra definitivamente in crisi quando scopre, leggendo una rivista al femminile, che venti è il numero massimo con cui una ragazza dovrebbe andare a letto nella propria vita. Resasi conto di essere a diciannove, decide di concedere le proprie grazie solo all’uomo della sua vita. Il tempo di formulare il progetto che Ally già viene meno ai suoi obiettivi, dormendo con Paul (Joel Mc Hale), l’uomo che l’ha appena licenziata. Raggiunto il tetto massimo, comincia a passare in rassegna tutti i suoi ex, coadiuvata dal bel vicino Colin (Chris Evans), musicista fallito e appassionato di tecniche investigative.
Classica commedia dai toni un po’ piccanti, “What’s your number?”, questo il titolo originale, è l’ennesima produzione americana di genere che segna la continua fioritura di un Cinema leggero che può non dispiacere in toto. Usufruendo di un format ormai consolidato da tempo, il regista Mark Mylod e co., evitano qualsiasi componente originale preferendo il cliché all’innovazione. Sebbene tra le tinte sbiadite della storia si possa intravedere una qualche forma di polemica per la storica dicotomia sociale uomo-donna e una particolare attenzione alla crisi di mezz’età (attualissima in Italia ai giorni nostri), il tentativo di nobilitare la pellicola naufraga miseramente. È una storia vista e rivista dal finale ampiamente preannunciato che l’entourage tutto cerca di abbellire con le peripezie nel mezzo: se l’importante è il viaggio e non la meta, questa volta non vale la pena nemmeno di mettersi in viaggio.
Eppure i presupposti per un prodotto qualitativamente superiore c’erano. Oltre alcune trovare registiche interessanti (vedi l’occhio strizzato alla moda delle produzioni a sfondo criminologico e l’inquadratura dalla tromba delle scale del palazzo di Ally/Faris, ricorrente per tutta la durata della pellicola e responsabile di un clima “più familiare”), l’intero apparato comico è mantenuto dall’ottima Anna Faris, splendida attrice comica famosa in Italia per la sua interpretazione nella serie “Scary Movie” ma in possesso di un talento a 360 gradi, come dimostrato sui set dei film drammatici “I segreti di BrokeBack Mountain” e “Lost in translation”. Eppure il profilo medio basso scelto per la produzione non permette quel salto di qualità minimo ma decisivo. L’eccessiva durata del tutto infligge il colpo di grazie definitivo.
Accanto ad Anna Faris, il bello, Chris Evans, reduce dall’eroico successo degli ultimi anni, ottenuto vestendo i panni di Johnny Storm alias “La Torcia Umana”, prima, imbracciando lo scudo di Capitan America, poi. Attorno ai due protagonisti, la schiera degli ex di Ally, tra cui spiccano Martin Freeman, che prepara il terreno per il successo preannunciato de “Lo Hobbit” in cui interpreterà il protagonista Bilbo Baggins, Zachary Quinto, caratterista reso famoso dalla serie “Heroes”, Anthony Mackie e Chris Pratt, l’attuale compagno della Faris. Madrina d’eccezione, Blythe Dannes.
Nonostante strappi qualche risata, gli artifici triti e ritriti, il finale scontato ed i cento minuti di pellicola ledono eccessivamente il risultato finale. Purtroppo è un’altra stupida commedia americana.
4/10
Marco Fiorillo
Pier Lorenzo Pisano