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mercoledì 4 aprile 2012

Chronicle (2012)

Dane DeHaan: Andrew Detmer
Michael B. Jordan: Steve Montgomery
Alex Russel: Matt Garetty
Michael Kelly: Richard Detmer
Ashley Hinshan: Casey Letter

Regia: Josh Trank
Soggetto: Josh Trank, Max Landis
Sceneggiatura: Max Landis
Fotografia: Matthew Jensen
Montaggio: Elliott Greenberg
Scenografie: Stephen Altman

Anonimo studente all’ultimo anno di liceo, Andrew nasconde una difficile situazione familiare, con la madre ormai in fin di vita ed un padre incattivito dall’alcol e dalle sofferenze. Cerca e trova in un telecamera lo svago all’indifferenza dei coetanei e ai disagi emotivi. Dall’oggetto non si separa mai, nemmeno durante un rave party a cui arriva insieme al cugino Matt: proprio nel bel mezzo della festa Andrew, Matt e il popolare Steve rinvengono una strana caverna scavata dallo schianto di qualcosa. Da quella caverna i tre ragazzi escono cambiati, dotati di inspiegabili poteri. Le nuove abilità sconvolgono loro la vita, in particolare quella di Andrew che assaggia per la prima volta popolarità e felicità, dimenticando l’inevitabile confronto con i demoni che si porta dentro.

Se ci si fermasse ai primi venti minuti di visione, “Chronicle” sarebbe semplicemente l’ennesimo sci-fi commerciale girato in presa diretta, dal finale scontato e dallo scarso respiro narrativo. È arrivando fino ai titoli di coda che il primo lungometraggio di Josh Trank dimostra la sua vera essenza. Il mockumentary viene progressivamente a miscelarsi al montaggio in found footage (termine che indica film realizzati interamente o quasi con un metraggio preesistente, poi riassemblato in un altro contesto), creando un binomio unico: per tutta la durata del girato le riprese vengono effettuate utilizzando le telecamere messe a disposizione dalle stesse ambientazioni, dalle videocamere di sorveglianza al filmino amatoriale durante una festa di compleanno, innovando una tendenza, quella del semplice mockumetary, che cominciava ad annoiare.
Alle abilità di Trank vanno sommate quelle dello sceneggiatore Max Landis, responsabile delle fantastiche caratterizzazioni dei personaggi, su tutti Andrew e suo padre. Il delirio di onnipotenza del primo e la morbosa sofferenza del secondo giocano a rincorrersi sullo schermo, descrivendo sottilmente l’intricata e dolora  relazione padre-figlio che, a tratti, ci fa dimenticare d’essere dinanzi ad un film di fantascienza. A tal proposito, un ruolo fondamentale lo gioca Dane de Haan, nei panni del potente Andrew: dopo la gavetta teatrale e il successo televisivo (“True Blood” e “Law&Order”), approda al Grande Schermo proprio con “Chronicle”. Buona la prima, speriamo che rispetti le aspettative.

VOTO 7/10
Marco Fiorillo
Pier Lorenzo Pisano 

Il Punto del Weekend


Il finesettimana alla vigilia delle festività pasquali regala una buona parentesi cinematografica, registrando la presenza di meno pellicole (comunque sette in totale) ma di una migliore qualità generale oltre che di d’una più equa distribuzione territoriale, con ben sei nazioni in gioco.

I PROTAGONISTI
Esperimento meta- artistico quello operato in “I Colori della Passione”, pellicola che segue la vita di alcuni dei cinquecento personaggi rappresentati nel 1564 da Pieter Brugel Il Vecchio nel suo dipinto “Salita al Calvario”; il tema dominante è l’avvicinamento di Cristo al luogo adibito alla crocifissione, sullo sfondo delle Fiandre di dominazione spagnola contemporanee al pittore. Il regista polacco Lech Majewski attinge direttamente dalla tela de Il Vecchio, ispirandosi inoltre al volume “The Mill and the Cross” di Michael Francis Gibson, storico dell’arte che l’ha accompagnato nel viaggio alla scoperta del pittore. Un iter verso i migliori trascorsi artistici che continuerà con un’opera dedicata al “nostro” Dante, come già annunciato dallo stesso regista. La produzione polacco-svedese è stata presentata con enorme successo al Sundance Film Festival del 2011.
Dagli States arriva, sorprendentemente, una sola pellicola. Si tratta di “La Furia dei Titani”sequel del poco fortunato “Scontro tra Titani” che riprende, a dieci anni di distanza, le avventure di Perseo, questa volta alla prese con la fuga di Kronos dalla tartarea prigione, grazie all’aiuto di Ade e Ares:  solo il semidio figlio di Zeus può salvare l’Ellade dalla distruzione. Sostituiti Luois Leterrier, Travis Beacham, Phil Hay e Matt Manfredi, Liebesman e Co. riprovano l’ ”impresa” di mescolare sapientemente la resa artistica del 3D alla narrazione avvincente e movimentata. Se l’obiettivo estetico è perfettamente raggiunto, la narrazione si trascina monotona e statica, si arena per giunta, e ciò che resta è una gran confusione e nulla più.
Ampiamente insufficiente la partecipazione spagnola del finesettimana. In “Paranormal Experience” un gruppo di studenti accettano le provocazioni di un autoritario professore e raggiungono la cittadina di Whisper per verificare ed eventualmente indagare oscure presenze paranormali. La scettiche sorelle Angela e Diana vedranno i loro trascorsi prender forma durante la “gita”. Horror slasher arricchito solo dalle tre dimensioni (è la prima produzione iberica interamente in 3D), “Paranormal Experience” non aggiunge veramente nulla ad un genere già malamente abusato: la monotona conduzione registica, i tardivi spaventi (a più di metà di un girato di soli 86 minuti!), gli scialbi tentativi scenografici e le scarsi dotti attoriali ne fanno un inutile spreco.
Non potevano essere più diverse tra loro le due pellicole made in Italy. Impegnato e serioso, “Romanzo di una Strage” rievoca il tragico attentato di Piazza Fontana del 12 Dicembre 1969, e lo fa attraverso le storie di Giuseppe Pinelli e Luigi Calabresi. Ferroviere e animatore del Circolo Anarchico Ponte della Ghisolfa, il primo, vice responsabile della Polizia Politica, il secondo, si troveranno ai due capi d’un tavolo d’interrogatorio ma a farne le spese saranno entrambi. La rievocazione cinematografica d’una delle pagine più nere della nostra storia recente operata da Marco Tullio Giordana, ispiratosi inoltre al libro “Il Segreto di Piazza Fontana” di Paolo Cucchiarelli, e l’ottima prova del tandem Mastandrea- Favino fanno di “Romanzo di una Strage” il cinema italiano di cui ci si può vantare. Tutt’altro discorso vale per “Buona Giornata”, racconto tutto d’un fiato delle 24 ore di alcuni “rappresentanti” regionali della penisola, da Milano a Roma, da Napoli a Verona, passando per Bari e Firenze. Superato il cinepanettone, la “minaccia Vanzina” sembrava sventata almeno per un altro paio di mesi, e invece Carlo ed Enrico accompagnano anche la Pasqua con l’ennesimo trionfo del cattivo gusto. A nulla servono le prove, sufficienti almeno a sprazzi, di De Sica, Abatantuono e Banfi.
Speculari ma d’origini diverse le ultime due pellicole del finesettimana. Agathe, raffinata quanto odiosa signora di Parigi che vive d’arte e borghesia, e Patrick, alcolizzato volgare e con la fissa del sesso che vive di piccoli lavoretti casalinghi, sono i protagonisti di “Il Mio Miglior Incubo”, la più classica pellicola francese: una commedia dal sapore sociale, fatta d’ironia amara e peripezie impossibili. In “Marigold Hotel”, invece, un gruppo di pensionati britannici abbandonano le loro vite per il lusso promesso dall’illusoria brochure d’una residenza nel cuore del Rajasthan. Nonostante la quasi totale inadeguatezza della struttura, è proprio tra quelle stanze che gli anziani ritrovano la voglia di continuare. Anche in questo caso possiamo parlare di commedia classica, ma dallo spirito tutto britannico, dall’andamento della narrazione alla pulizia registica, dalla standardizzazione dei caratteri all’ottima prova del cast tutto inglese, tra cui le colonne Judi Dench, Maggie Smith, Bill Nighy, Tom Wilinkson. Due pellicola belle ma non innovative: il trionfo della buona tradizione europea.

LE SORPRESE
Britannico d’origini keniote, Dev Patel si aggiudica la nomina del weekend. Dopo la partecipazione alle prime due stagioni della serie “Skins”, si mette in mostra davanti agli occhi del Mondo interpretando Jamal Malik nel grande successo del 2008 “The Millionaire”. Prima dell’ultima apparizione in “Marigold Hotel” solo il ruolo di villain in “L’Ultimo Dominatore dell’Aria”.

I FLOP E I TOP
Le dolenti note:
3°.    Ultimo tra i peggiori, Jonhatan Liebesman. Gli vengono affidati i Titani e lui ne esalta solamente l’epicità sensoriale: spettacolari gli effetti, ma quando le luci si riaccendono in sala rimangono solo quelli.
2°.    Podio familiare per i Fratelli Vanzina. Esaltano i peggiori costumi della penisola, facendo sorgere il sospetto che più di raccontarli, in tutti questi anni, non abbiano fatto altro che istigarli.
1°.    Sul podio dei cattivi un’altra coppia, quella formata da Viczaino e Padro. Rispettivamente regista e sceneggiatore di “Paranormal Experience”, riescono a rallentare il mercato cinematografico spagnolo che si era dimostrato sempre all’altezza nel passato più recente.
Dulcis in fundo, i migliori del weekend:
3°.    Solo bronzo per Marco Tullio Giordana. Il cineasta milanese riesce a imprimere su pellicola il nostro “Kennedy- Day”, evitando inutili sentimentalismi e donando alla vicenda i giusti tempi, la giusta resa, il giusto spirito: quello di 33 anni di indagini che ancora non hanno portato a niente
2°.    Secondo posto del podio al polacco Majewski. Con “I Colori della Passione” di sicuro non da avvio ad un genere, ma recupera una tipologia registica di nicchia: una scelta che basterebbe a motivarne l’esaltazione, anche senza tener conto dell’estrema qualità che caratterizza tutto il girato.
1°.    Aurea premiazione per Anne Fontaine. Il grande merito della regista di Lussemburgo è quello di unire davanti alle stesse cineprese Benoit Poelvoorde e Isabelle Huppert : ne conosce i caratteri ed il talento, li mescola nel giusto dosaggio stillando un’altra piccola perla di Cinema.

BOX OFFICE
Con 1.2 milioni scatta in testa “La Furia dei Titani”, che riesce anche nell’impresa di staccare i Vanzina con “Buona Giornata”, comunque in seconda posizione. Continua il dominio, non più sorprendete, di “Quasi Amici” mentre trovano accoglienza meno calorosa “Romanzo di una Strage” e “Marigold Hotel”.

Marco Fiorillo
Pier Lorenzo Pisano  

domenica 1 aprile 2012

La Furia dei Titani (2012)

Sam Worthington: Perseo
Liam Neeson: Zeus
Ralph Fiennes: Ade
Danny Huston: Poseidone
Rosamund Pike: Andromeda
Edgar Ramirez: Ares
Bill Nighy: Efesto
Toby Kebbell: Agenore

Regia: Jonhatan Liebesman
Soggetto: Beverly Cross, Greg Berlanti, Dan Mazeau, David Leslie Johnson
Sceneggiatura: Dan Mazeau, David Leslie Johnson
Fotografia: Ben Davis
Montaggio: Martin Walsh
Scenografie: Charles Wood
Costumi: Jany Temime
Musiche: Javier Navarrete

A dieci anni dalla mitica sconfitta del Kraken, Perseo conduce la propria vita da mortale pescatore, crescendo da solo il figlio Helios, dopo la prematura dipartita della moglie. La tranquillità di tutta la Grecia viene, però, messa a repentaglio dalla nuova alleanza stabilita tra Ares e Ade, inviperiti contro Zeus e decisi ad aiutare Kronos a liberarsi dalla sua prigione nel Tartaro. La debolezza degli Dei rimasti destina la salvezza del Mondo nelle mani di Perseo, cui si uniranno la bella regia Andromeda e il semidio Agenore.

Quando, nel 1981, Beverly Cross consegnò a Desmond Davis la sceneggiatura di “Scontro tra Titani”, non immaginava di certo che avrebbe continuato ad alimentare la fame di eroismo della Hollywood contemporanea. Prendendo le mosse dal poco esaltante (per fattura ed accoglienza mediatica) “Scontro tra Titani” del 2010, il regista Jonhatan Liebesman e il gruppo di scrittori Greg Berlanti, Dan Mezeau e David Leslie Johnson riprendono le vicende di Perseo e della sua divina famiglia, in un’Ellade in green screen.
Sostituiti Luois Leterrier, Travis Beacham, Phil Hay e Matt Manfredi, Liebesman e Co. riprovano l’ ”impresa” di mescolare sapientemente la resa artistica del 3D in presa diretta alla narrazione avvincente e movimentata. Se l’obiettivo estetico è perfettamente raggiunto, grazie anche alla nuova conduzione registica (vedi le panoramiche nel Tartaro e i voli di Pegaso), l’attenzione dello spettatore scema troppo rapidamente per non essere più ridestata. La narrazione si trascina monotona e statica, si arena per giunta mancando di idee vere e proprie, sostituite da rivisitazioni storiche- mitologiche che lasciano veramente a desiderare. Ciò che resta è una gran confusione e nulla più.

I cambiamenti dello staff tecnico vengono bilanciati dalla quasi totale conferma del cast del primo episodio della guerra titanica. Ritroviamo Sam Worthington nella tunica di Perseo, Liam Neeson, Ralph Phiennes e Danny Huston nei ruoli dei fratelli divini Zeus, Ade e Poseidone; si aggiungono la bella Rosamund Pike, nei panni dell’Andromeda precedentemente interpretata da Alexa Davalos, Edgar Ramirez, il britannico Toby Kebbell, che aggiunge tacche alla cintura dopo le tante incursioni degli ultimi anni, ed il senatore Bill Nighy.

L’occasione è utile per riflettere nuovamente sui cambiamenti conseguenti all’avvento dell’ “Era 3D”. Galeotto fu “Avatar” che, nell’ormai lontano 2009, rese la terza dimensione alla portata di tutti i fruitori delle sale comuni. Da quell’uscita, il Grande Schermo ha condotto un iter sempre più degradante, un percorso che ha previsto il solo sviluppo dei concetti grafici, delle tecniche artistiche, annullando lentamente ma con costanza il momento dell’ideazione, della scrittura. Così sono fioccate riedizioni, sequel  prequel, reebot e chi più ne ha più ne metta. A tre anni dal viaggio a Pandora, il voler realizzare un film di presa visiva, quando tutti realizzano film di presa visiva, non può continuare ad essere una scusa per abbassare la qualità di soggetti e sceneggiature. Quella che doveva essere una rivoluzione di belle speranze è diventata una triste realtà che alimenta il mercato e nulla più.

VOTO 5/10
Marco Fiorillo
Pier Lorenzo Pisano  

Instinct- Istinto Primordiale (1999)

Ciclo "Per non dimenticare": Le sembianze di un umano

Anthony Hopkins: Ethan Powell
Cuba Gooding Jr. : Theo Caudler
Donald Sutherland: Ben Hillard
Maura Tierney: Lynn Powell

Regia: Jon Turteltaub
Soggetto: Gerald Di Pego
Sceneggiatura: Gerald Di Pego
Montaggio: Richard Francis- Bruce
Musiche: Danny Elfman


Perduto nei meandri della propria mente e rinchiuso una prigione, del Dottor Ethan Powell è rimasto ben poco dopo gli anni di detenzione per omicidio. Alla sua causa si interessa, però, il giovane Theo Caudler deciso a tutti i costi a sondare i misteri di Ethan, che molti anni prima si era ritirato dalla vita umana per vivere insieme ai gorilla nelle foreste del Ruanda, la famiglia che aveva scelto lasciando da sola la figlia Lynn.

Ispirato al libro “Ishmael” di Daniel Quinn e sceneggiato da Gerald Di Pego, “Instinct” è un film diseguale, in bilico tra stereotipi hollywoodiani e velleità filosofiche: uno psycho- thriller didattico con sottotesto analitico nato quasi esclusivamente per esaltare le doti naturali del senatorie Hopkins. Se la parte doveva andare a Sean Connery, la partecipazione del Sir di Port Talbot chiama ad una sorta di reboot del fortunatissimo precedente “Il Silenzio degli Innocenti”: se il cannibale Dottor Lecter e il violento Professor Powell vengono spesso avvicinati, si tratta in verità di caratteri molto diversi che trovano lo stesso, incredibile, volto di Hopkins.

VOTO 7/10
Marco Fiorillo
Pier Lorenzo Pisano  

Il Punto del Weekend


Weekend corposo e multietnico, con dieci pellicole quattro nazionalità e tanta qualità. Vediamone insieme i protagonisti.

I PROTAGONISTI
Nell’ormai consuetudinaria anticipazione alle uscite del venerdì, troviamo due pellicole nelle sale già dal lunedì precedente. In “Anvil! The Story of Anvil”, vediamo raccontata la parabola del gruppo canadese Anvil, pioniere dello speed metal e ispirazione per la nascita dei miti del genere, vedi Metallica e Megadeth. Gli Anvil danno vita ad un nuovo microcosmo musicale senza sfruttarne a pieno le conseguenza: ci provano e ci riprovano per trent’anni ma la loro stella si spegne prima ancora di accendersi. Il regista Sacha Gervasi affianca gli ormai cinquantenni Steve Kudlow e Robb Reiner, fondatori del gruppo, ripercorrendo insieme gli originali entusiasmi, il successo sfiorato, la mediocrità e l’ascesa fino alla frustrazione di sapere che il proprio posto non è in sgangherati e puzzolenti bar di periferia.
Ad aprire la settimana contribuisce “Sàmara”, in cui il saltimbanco Luis, la bella danzatrice Rosita e il giovane Morito si ritrovano a percorrere insieme la strada verso Sàmara, appunto, città d’arte in cui si vive di emozioni e spettacoli. Romantico quanto utopico road-movie a metà tra il racconto fantastico e il film di formazione, “Sàmara” compie, prima di tutto, un viaggio interiore cercando la metà della felicità artistica e della spontaneità  creativa.
Si prosegue con le uscite regolari. Arriva dalla Francia “The Lady- L’amore per la libertà”, pellicola dedicata alla vera storia di Aung San Suun Kyi, leader politica birmana, orchidea d’acciaio del movimento Myanmar e vincitrice del Premio Nobel per la Pace nel 1991. Alla morte del padre, leader del movimento indipendentista, la Suun si trasferì in Gran Bretagna e sposò il professore Michael Aris per poi far ritorno in patria e guidare la lotta alla libertà del proprio popolo. Vicenda politica ed umana ad un tempo, “The Lady” sembra voler dar maggior rilevanza al cuore: Luc Besson, in cooperazione con la scrittrice e sceneggiatrice Rebecca Frayn, punta alle fatiche emotive della donna, sottolineando di meno l’attività istituzionale. Una strada comunque valida, considerando anche le prove attoriali, su tutte quelle della protagonista Michelle Yeoh, probabilmente alla sua miglior interpretazione.
Sempre dalla Francia arriva “17 Ragazze”. In un piccolo quanto limitato centro della Bretagna, la liceale Camille Fourier rimane incinta: in breve la giovane, osteggiata dalla comunità, diventa un modello di libertà e indipendenza per altre sedici amiche, intenzionate a seguire il suo esempio. Le Sorelle Coulin prendono un evento realmente accaduto in Massachussets nel 2008 e lo importano nella propria terra, per farne una storia intensa e brillante. Una pellicola che fa della maternità giovanile un atto di eroismo e bellezza, una ribellione rockettara.
Superiamo, poi, i Pirenei e spostiamoci in Spagna per “Cosa piove dal cielo?”, in cui Roberto, burbero ferramenta di Buenos Aires, vede la propria monotona routine turbata dalla “caduta dal cielo” di Jun, un giovane orientale in cerca dello zio che l’ambasciata cinese pone sotto la sua tutela fino al termine delle ricerche. All’apparenza una semplice boutade, “Cosa piove dal cielo?” riesce a miscelare intrattenimento comico e narrazione, trovando la sua vera forza nella coppia Borensztein- Darin, rispettivamente regista e protagonista.
Rimaniamo nel Vecchio Continente ma muoviamo verso la nostrana penisola, che fornisce altre due pellicole all’appello.  In“E’ nata una star?”  la vita di Lucia e Fausto viene sconvolta dalla scoperta delle doti dell’adolescente figlio Marco, nuova star del porno. Prendendo le mosse da un romanzo breve di Nick Hornby, Lucio Pellegrini anticipa la cinematografia britannica, trasponendo per primo l’opera dello scrittore di Highbury. La tempestività produttiva non fa il paio alla resa qualitativa: se il merito di Hornby sta nell’incisività ironica della storia, Pellegrini e Co. ne fanno una riflessione “seriosa” sulla famiglia e sul mondo contemporaneo annacquando eccessivamente lo screenplay a disposizione.
Quando, nel 2006, correva il quarto centenario della pubblicazione del “Don Chisciotte” di Miguel de Cervantes, Mimmo Palladino decise di celebrare l’evento su celluloide. Nasce così “Quijote”, ennesimo esperimento dell’artista beneventano che dimostra, al di là dell’ormai rinomato senso estetico, profonda conoscenza cinematografica. Lui che non è propriamente un addetto ai lavori, si occupa perfettamente della trasposizione del romanzo e della direzione del ricco cast, tra cui spiccano Peppe Servillo e Lucio Dalla. In ultimo, completano il fine settimana le pellicole made in USA. Ritorna nelle sale il malefico motociclista della Marvel in “Ghost Rider- Spirito di Vendetta”, proseguendo le avventure ridotte per il Grande Schermo nel primo episodio del 2007. I cambiamenti narrativi, di location, di budget e, in parte, di cast, aiutano veramente poco una produzione continuamente in affanno, dalla sceneggiatura esile e poco entusiasmante. Potrebbe giungere in aiuto, almeno, l’esperienza grafica ma, per essere una pellicola totalmente basata sull’azione e sulla spettacolarità dell’immagine, il risultato è comunque insufficiente.
Protagonista di “The Raven” è, invece, il genio letterario Edgar Allan Poe chiamato all’azione dal detective Emmet Fields, a seguito di un duplice omicidio compiuto nella modalità di uno dei suoi romanzi. Per Poe comincerà una sanguinosa caccia all’uomo che vedrà coinvolto il suo unico amore, Emily. A metà tra l’opera biografica e il thriller di derivazione letteraria, “The Raven” si propone, senza riuscirvi fino in fondo, di rispettare entrambe le proprie anime: la preannunciata caratterizzazione del poeta ed il finale fin troppo scontato, trovano il contrappeso dell’utilizzo filmico della figura di Poe, infilato in una storia che passa per molte delle sue storie.
Infine, “Take me home tonight” segue le vicende di tre giovani, Matt, la sua gemella Wendy e l’amico di sempre Barry, alle prese col proprio futuro da adulti, ormai alle porte alla fine degli studi. A primo impatto “Take me home tonight”, primo lungometraggio degno di nota del regista Mark Dowse, può sembrare l’ennesima commedia, divertente e dal sapore giovanile ma la pellicola vanta sicuramente qualcosa in più. E’ la storia degli universi di tre giovani adulti che si preparano ad imboccare la strada della vita vera, che escono dall’ovattato nido familiare ed universitario per affrontare il mondo dei grandi, del lavoro, delle responsabilità.

LE SORPRESE
Si merita la nomina del fine settimana, Pietro Castellitto. Classe 1991, figlio di Sergio e della scrittrice Margareth Mazzantini, il giovane Pietro, dopo due pellicole in cui viene coinvolto dai genitori (“La bellezza del somaro” e “Venuto al Mondo”), si libera dell’ingombrante presenza genitoriale con “E’ nata una star?”. Considerati i notevoli natali e la tenera età, ci si aspettano grandi cosa da Pietro. Ai posteri l’ardua sentenza.

I FLOP E I TOP
Come da consuetudine, segnaliamo ora i meno bravi del weekend:
3°.    Solo richiamo per Massimo d’Orzi. Teatrante e cineasta attivissimo fin da giovanissimo, d’Orzi trova solo nel 2009 il lungometraggio di fantasia: il suo “Sàmara” è ammantato da una coltre onirica, un sogno da cui, però, non c’è risveglio: la narrazione, infatti, non sfrutta l’atmosfera e rimane statica, così come statici sono i personaggi.
2°.    Secondo sul podio dei cattivi, Lucio Pellegrini. Il regista de “E’ nata una star?” fa dell’omonimo romanzo di Hornby una produzione “eccessivamente italiana”, che ha nella modalità familiare-morale il suo standard predefinito.
1°.    Sul primo posto sgomitano in tre,Mark Neveldine, Brian Taylor e Nicolas Cage. Rispettivamente registi e protagonista di “Ghost Rider- Spirito di Vendetta”, il trio realizza una delle pagine peggiori della storia marveliana su Grande Schermo: forse fu peggiore solo il primo episodio che vide Cage sulla moto dell’Inferno.
Dulcis in fundo, i migliori del fine settimana:
3°.    Medaglia di bronzo a Luc Besson. Dopo il triplice viaggio nel mondo dei Minimei, il regista francese ritorna al cinema “in carne ed ossa” e lo fa con un soggetto degno del suo talento: proprio per questo si può apprezzare comunque il lavoro del regista francese anche se meno impegnato sul versante politico della vicenda.
2°.    Secondo posto del podio per Sacha Gervasi.  Il documentarista londinese compie un viaggio nella decadenza ed il rimorso, firmando uno dei più toccanti documentari musicali degli ultimi anni.
1°.    Premiazione multipla anche in questo caso, con Delphine e Muriel Couline. Le sorelle francesi fanno di “17 Ragazze” una pellicola delicata ma estremamente vitale, realizzata con perizia tecnica ed emotiva: una delle migliori espressioni francesi del momento.

BOX OFFICE
Come a confermare la pessima reputazione del nostro pubblico, scatta in vetta “Ghost Rider- Spirito di Vendetta”, con 1.253.774,92 € incassati in sole settantadue ore. Il maledetto eroe Marvel riesce a battere anche la commedia italiana “E’ nata una star?” mentre segue, al terzo posto, “Quasi Amici”, fenomeno mediatico ormai alle soglie dei 10 milioni di incasso. Deludente, invece, l’arrivo nelle sale di “The Raven”, fermo a 606.527,12 €.

Marco Fiorillo
Pier Lorenzo Pisano 

The Raven (2012)

John Cusack: Edgar Allan Poe
Alice Eve: Emily Hamilton
Luke Evans: detective Emmet Fields
Brendan Gleeson: colonnello Hamilton
Kevin Mc Nally: Henry Maddux

Regia: James Mc Teigue
Sceneggiatura: Ben Livingston, Hannah Shakespeare
Fotografia: Danny Ruhlmann
Montaggio: Niven Howie
Effetti Speciali: Paul Stephenson, Szilvia Paros
Musiche: Lucas Vidal
Scenografie: Roger Ford

Baltimora, 1849. Le autorità rivengono i cadaveri di due donne, madre e figlia. All’arrivo sulla scena, il detective Fields collega la vicenda ad uno dei racconti di un intellettuale contemporaneo, Edgar Allan Poe. Squattrinato, alcolizzato e già famosissimo, Poe viene contattato dal detective in merito all’efferato crimine: dal quel momento, il sanguinario ammiratore di Poe inviterà il poeta ad una caccia all’uomo, coinvolgendo la bella Emily, suo unico amore.

A metà tra l’opera biografica e il thriller di derivazione letteraria, “The Raven” (dal titolo della celebre opera “Il Corvo”) si propone, senza riuscirvi fino in fondo, di rispettare entrambe le proprie anime, romanzando la figura di uno degli intellettuali più famosi ed apprezzati.
Poe venne trovato delirante per le strade di Baltimora il 3 Ottobre 1849 e morì quattro giorni dopo; durante la notte precedente alla sua morte chiamò più volte il nome Reynolds ma non sveliamo niente per tutti coloro che non hanno ancora visto il film. Prendendo le mosse dalle poche notizie relative alla dipartita del poeta, tutt’oggi ancora immotivata, il regista James Mc Teigue costruisce un thriller cruento e tenebroso come le migliori pagine dello scrittore, dividendosi tra lo humor nero e le sequenze movimentate alla Sherlock Holmes e le atmosfere cupe e nebbiose alla Burton e facendo sfoggio di ottima tecnica filmica, come preannunciato dal primo raccordo audio/visivo che dal finale del film ci riporta all’inizio della vicenda. La preannunciata caratterizzazione del poeta, “modernamente maledetto”, ed il finale fin troppo scontato, trovano il contrappeso dell’utilizzo filmico della figura di Poe, infilato in una storia che passa per molte delle sue storie.
L’anima biografica, caratterizzata dall’originale utilizzo non d’una ma di varie opere di Poe, riceve maggior attenzione e lo spettatore viene giustamente avvicinato all’intellettuale. Non si può dire lo stesso della fase puramente narrativa, interessante per buona del girato ma fin troppo flebile sul finire.

Cuori pulsanti del progetto, il regista ed il protagonista. Cineasta australiano, James Mc Teigue cominciò a lavorare come assistente di produzione, finendo al fianco dei Fratelli Wachowski durante le riprese della celeberrima trilogia “Matrix” e, poco dopo, a quello di George Lucas in “Star Wars II- L’attacco dei Cloni”; nel 2005 debuttò alla regia con “V per Vendetta”, divenuto un piccolo kolossal e un biglietto da visito carico di aspettative, aspettative non sempre rispettate a pieno nel proseguo della carriera (vedi “Invasion” e “Ninjia Assassin”). Il suo “doppio” in scena è John Cusack: attore e produttore statunitense d’origini irlandesi, veste i panni di Poe dopo essersi reso famoso soprattutto per le svariate interpretazioni “leggere” da commedia.

VOTO 6/10
Marco Fiorillo
Pier Lorenzo Pisano   

Armageddon (1998)

Ciclo "Per non dimenticare": L'ultimo Capitolo

Bruce Willis: Harry Stemper
Ben Affleck: A. J. Frost
Will Patton: Charles “Chick” Chapple
Steve Buscemi: Rockhound
Billy Bob Thornton: Dan Truman
William Fichtner: Coll. William Sharp
Peter Stormare: Lev Andropov
Liv tyler: Grace Stemper
Michael Clarke Duncan: Jayotis “Bear” Kurleenbear
Ken Hudson Campbell: Max Lennert
Owen Wilson: Oscar Choi
Keith David: Gen. Kimsey
Jason Isaacs: Dr. Quincy

Regia: Michael Bay
Soggetto: Robert Roy Pool, Jonathan Hensleigh
Sceneggiatura: Tony Gilroy, Shane Salerno, J. J. Abrams
Fotografia: John Schwartzman
Effetti Speciali: Richard R. Hoover, Pat Mc Clung, John Frazier
Musiche: Trevor Rabin

Quando un asteroide grande quanto il Texas punta dritto verso la Terra, lasciando al popolo umano poco più di due settimane per far fronte alla drammatica emergenza, la NASA di Dan Truman cerca di escogitarle tutte prima di arrivare alla conclusione che l’unica soluzione è trivellare la roccia e farla implodere. L’ardua missione è affidata al trivellatore Harry Stemper, che al suo fianco rifiuta gli astronauti della NASA, in favore dei suoi colleghi più fidati, la sua famiglia: il destino della Terra è nelle loro mani.

Colossal apocalittico dalle tinte eroico/drammatiche, “Armageddon” rimane nel cuore degli spettatori per fattura tecnica, spettacolarità artistica e trasporto emotivo. Perché Bay e Co. riescono a miscelare perfettamente lo stile “stelle&strisce” allo studio grafico di Hoover, Clung e Frazier, consegnando al Grande Schermo una delle pagine più famose ed apprezzate del genere.

Se oggi riunisce robot davanti alle sue telecamere (la trilogia de “Transformers” è  solo la sua più recente fatica), quattordici anni or sono Michael Bay si “accontentava” di dirigere in una sola volta il già senatore Bruce Willis, i beniamini Affleck e Wilson, i caratteristi Buscemi, Fichtner e Stormare, l’allora sconosciuto Michael Clark Duncan (famosissimo, qualche anno più tardi, per la sua interpretazione del gigante John Coffee in “Il Miglio Verde”) e la figlia d’arte Liv Tyler. Ottenne, inoltre, la prima vera partecipazione alle riprese della NASA, che mette a disposizione la propria piscina d’addestramento e la rampa di lancio dell’Apollo 1, oltre alle vere tute indossate dagli attori.

I 553 milioni d’incasso e le quattro nominations agli Oscar (Miglior Sonoro, Miglior Montaggio Sonoro, Migliori Effetti Speciali e Miglior Canzone) rendono giustizia ad una pellicola che fa storia.

VOTO 8/10
Marco Fiorillo
Pier Lorenzo Pisano