traduzione

mercoledì 13 luglio 2011

Transformers-Dark of the Moon (2011)

Shia La Beouf: Sam Witwicky

Rosie Huntington- Whiteley: Carly Brooks Spencer

Josh Duhamel: Colon. William Lennox

John Turturro: Seymour Simmons

Tyrese Gibson: Robert Epps

John Malkovich: Bruce Brazos

Patrich Dempsey: Dylan Gould

Glenn Morshower: Gen. Morshower

Alan Tudyk: Dutch

Frances Mc Dormand: Charlotte Mearing

Julie White: Judy Witwicky

Kevin Dunn: Ron Witwicky

Ken Jeong: Jerry

Buzz Aldrin: Buzz Aldrin (oggi)

Cory Tucker: Buzz Aldrin (1969)

Don Jeanes: Neil Armstrong (1969)

Regia: Michael Bay

Soggetto: Ehren Kruger

Sceneggiatura: Ehren Kruger

Produttore Esecutivo: Steven Spielberg, Michael Bay

Musiche: Steve Jablonsky


Michael Bay cuce sulle stelle e sulle strisce il simbolo dei suoi automi hollywoodiani, bissando il già evidente successo “modaiolo”, raggiunto con le pellicole precedenti della serie. Gli ingredienti messi nel pentolone dal regista: azione al limite della spettacolarità e una buona dose di ironia.

Gli Autobot hanno, ormai, ottenuto la “cittadinanza terrestre”: al servizio delle forze armate americane, hanno messo a disposizione del genere umano la loro tecnologia e la loro lealtà. Una lealtà che voleva solo altra lealtà in cambio: un corrispettivo cui l’uomo non sembra ancora pronto. Optimus Prime, il leader degli Autobot, viene a conoscenza di una verità tenuta nascosta per anni. Il primo allunaggio di Neil Armstrong, nel 1969, non aveva come scopo il solo raggiungimento scientifico: il vero obiettivo di Nixon e Kennedy era raggiungere un’astronave caduta sul satellite, dove viene rinvenuto il primo Autobot, insieme ad una sconosciuta tecnologia aliena. Nel transformer, Prime riconosce l’antico leader Sentinel Prime, nella tecnologia i pilastri che avrebbero portato a cessazione la guerra che infuriava su Cybertron, tra gli stessi Autobot ed i Decepticon, guidati da Megatron. Nella scoperta, Prime vede il tradimento del genere umano e si attiva immediatamente per ripristinare la vita di Sentinel. Purtroppo, sia gli Autobot che gli umani non conosco la trama segreta ordita all’ombra del ritrovamento: si ritroveranno ad affrontare una battaglia, in cui la posta in palio è la vita del Pianeta Terra.

Con “Dark of the Moon”, Bay e Spielberg portano a termine l’epica trilogia delle macchine aliene, mettendo capo all’episodio più spettacolare della saga. Come già accennato, il segreto del successo della pellicola è la coesistenza di un’ironia velata ma costante e di una presa visiva unica, capace di impressionare anche nella versione 2D. Il tutto immerso in una narrazione semplice e, quindi, adatta al progetto tutto, incentrato sulla raffigurazione estetica più che sul contenuto: l’interessante revisione della passeggiata lunare del ’69 cede immediatamente il posto ad un ritmo narrativo troppo concitato e prevedibile. Un trend che, tutto sommato, non dispiace, nella sua coerenza e continuità. La direzione registica, l’elaborazione concettuale e la realizzazione visiva dei protagonisti meccanici ed una gradita colonna sonora permettono allo spettatore di non annoiarsi mai, nonostante le tre ore di durata. Considerato il format, l’unica pecca che vale la pena menzionare riguarda l’eccessivo e mal celato patriottismo: implicito nei colori del capo degli Autobot, Optimus Prime, esplicito in alcune sue battute, in particolare nelle parole che chiudono la pellicola.

Tra i clangori metallici dei robotici alieni, ritroviamo volti conosciuti e accogliamo nuovi interpreti. Shia La Beouf veste nuovamente i panni di Sam Witwicky, giovane aiutante di Prime e compagni; al suo fianco, però, non troviamo più la sensualissima Megan Fox ma Rosie Huntington- Whiteley: smentite le voci riguardanti un abbandono spontaneo del progetto, è stato confermato che la Fox fu licenziata da Bay, su esplicita richiesta di Spielberg, a seguito di un’intervista” poco cortese” circa la direzione registica della pellicola; a sostituirla, la modella di Victoria’s Secrets, già diretta da Bay in uno spot della nota marca di intimo. Attorno a loro, ritroviamo Josh Duhamel, John Turturro e Tyrese Gibson ed accogliamo Frances Mc Dormand e Patrick Dempsey, reduce del grande successo del telefilm Grey’s Anatomy. Su tutti, spicca la breve partecipazione di John Malkovich.

In un momento in cui, la sfrenata ricerca dell’ “idea” si conclude puntualmente in annunciati fallimenti, Bay e co. cavalcano l’onda di quella moda che vuole il cinema semplice esperienza sensoriale, rinnovando apertamente la finalità del progetto, il puro intrattenimento. Una linea che, nella sua coerenza, non dispiace affatto.

VOTO 6 ½ /10

Marco Fiorillo

Pier Lorenzo Pisano

Nessun commento:

Posta un commento