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martedì 19 aprile 2011

Mary Reilly

Ciclo "Per non dimenticare" Le coppie indimenticabili: Mary Reilly (1995)

Julia Roberts: Mary Reilly.
John Malkovich: Dottor Jekyll/Mr. Hyde.
Glenn Close: Mrs. Farraday.
Michael Gambon: Mr. Reilly.
George Cole: Mr. Poole.
Michael Sheene: Bradshaw.

Regia: Stephen Frears.
Soggetto: Valerie Martin.
Sceneggiatura: Christopher Hampton.
Fotografia: Philippe Rousselot.
Musiche: George Fenton.
Scenografie: Stuart Craig.

Prendete una bella e giovane donzella innamorata ed un principe gentile e puro di cuore. Ponete tra i due degli ostacoli che li separino dall’agognato congiungimento. Ora aggiungete delle famiglie in perenne disaccordo ed un pizzico di eroismo. Questi sono i classici ingredienti di una storia d’amore. Niente di tutto questo si trova in “Mary Reilly”.
Una serva devota e silenziosamente attratta dal Signore che serve. Uno strano Dottore, che ha decisamente dimenticato il cavallo bianco. Un’ombra pericolosa e misteriosa che aleggia tra i due.
Amore e Male si mischiano pericolosamente, mostrandoci come la “Bella” possa innamorarsi di una “Bestia”, che cova nel suo stesso petti i germogli della propria maledizione.

In una Londra lugubre e nebbiosa vive il Signor Henry Jekyll (John Malkovich), apprezzato Dottore oltre che uomo stimato e conosciuto in città. Tuttavia, da quando una strana “malattia” lo ha colpito, si è ritirato nella solitudine del suo laboratorio, immergendosi in esperimenti della più strana natura. La sua casa, un tempo luogo di ritrovo festoso, è animata solo dai fedeli domestici, tra cui anche la giovanissima Mary Reilly (Julia Roberts). Per quest’ultima sembra non esista la fatica delle dure giornate di servizio, alleviate dall’ingenuo affetto e dalla curiosità che prova nei confronti del Dottore, che pure sembra mosso da sentimenti verso la serva, ma non ha tempo di dedicarvisi preso com’è dalle sue ricerche. Provato dalla malattia e carico di lavoro, Jekyll richiede l’aiuto di un “giovane di qualità non comuni” , Edward Hyde (Jonh Malkovich). Da subito, si mostra inspiegabile il motivo dell’avvicinamento dei due: Jekyll sempre pacato e dai modi ineffabili, Hyde sgarbato e di cattivo gusto. Dal momento in cui Hyde fa la conoscenza di Mary, comincia a sviluppare verso di lei una morbosa attrazione. La situazione diviene critica quando lugubri avvenimenti tingono di rosso le strade della capitale, lanciando un’ombra sulla dimora del Dottore. Il colpevole viene individuato: si tratta di Hyde che Jekyll tenterà di difendere, prima, e di allontanare, poi, per proteggerlo. Liberarsi del giovane collaboratore, si scoprirà operazione assai difficile, e a farne le spese saranno proprio Mary e Jekyll.

 La pellicola trae ispirazione dalle pagine di “La governante del Dottor Jekyll” di Valerie Martin, a sua volta ispirato dal romanzo di Robert Louis Stevenson “Lo strano caso del Dottor Jekyll e Mr. Hyde”, edito nel 1886.
Come il libro della Martin, il film integra la famosa storia di Stevenson, arricchendola di un nuovo punto di vista: le vicende sono seguite partendo dalla figura di una timida e servizievole domestica del Dottore, Mary Reilly appunto, che sarà polo delle attenzioni di Jekyll, prima, e di Hyde, poi, facendosi testimone di terribili eventi.

Analisi psicologica, thriller noir ed horror ad un tempo, il film si immerge nei più profondi recessi dell’anima umana. In ogni cuore alberga sia il Male che il Bene ed è posto l’accento su quel naturale sdoppiamento della coscienza umana, indagato in maniera così approfondita da Stevenson nelle pagine che lo hanno portato al successo. Il Dottor Jekyll è afflitto da una grave malattia, “una frattura che gli ha lacerato l’anima”; egli è consapevole della sua duplice natura, ma invece di rifiutarla, la libera dalla sua prigione di carne, affascinato dalla possibilità di essere tutto ciò che non è mai stato.
 “Io sono il bandito e lui è solo la caverna in cui io mi vado a rifugiare”: le battute di Malkovich testimoniano non tanto una spaccatura bensì un avvicendamento delle due parti.
In questo modo, Jekyll, dà vita al suo “alter ego” Edward Hyde, che rappresenta il superamento di quei limiti di cui non si è mai liberato.
“Hyde è ciò che vorresti essere. La parte di te diversa da te”, nelle parole del regista Stephen Frears si coglie l’essenza di questa duplicità. Come il giorno e la notte, i due uomini si alternano sulla scena, così simili e così diversi, l’uno gentile, assennato e studioso, l’altro violento e sgradevolmente sopra le righe. Una trasformazione tendenziosa verso una delle due anime non può avvenire, l’una vive solo se l’altra continua a vivere, testimoniando proprio la presenza di due cuore che battono all’unisono nell’uomo. Abbracciare le tenebre o liberarsi anche delle propria parte buona, questa è la scelta che è chiamato a fare Jekyll/Hyde nella pellicola.
Protagonista di questo dramma psicologico è John Malkovich, diretto da Frears, che caratterizza in modo esemplare un soggetto spesso riproposto sul grande schermo: ne fa un uomo affascinante e tenebroso, dalla grande carica erotica, oltre che contraddistinto dalla solita depravazione.
A congiungere le due parti, l’amore che provano per Mary, l’unica che possa placare quella rabbiosa marea che invade le loro anime. Jekyll non dichiara mai i propri sentimenti, dimostrandosi amante tenero e nascosto; Hyde non fa segreto della sensuale attrazione per la domestica. Allo stesso modo, Mary è fortemente attratta sia dal Dottore che dalla sua malvagia controparte, testimoniando ancora una volta l’impossibilità di ricongiungere le facce di una stessa medaglia. La giovane serva ha già conosciuto il “male” nel corso degli anni, figlia di un alcolizzato e violento padre che non mancava di picchiarla e, probabilmente, di abusare di lei, ma mai ne era stata attratta così fortemente, prima di incontrare il Dottore. Più dell’evidente sdoppiamento di Jekyll in Hyde, l’amore di Mary per l’unica essenza costituita dai due dimostra quella naturale compresenza di Bene e Male in ogni uomo.
Emerge, dalla pellicola, una concezione della vita meschina e dolorosa, perfettamente rappresentata dalle atmosfere pesantemente austere e buie. Alla morte della madre, Mary, riferendosi alla morte: “Misera ricompensa per una vita di duro lavoro”: permane un’attesa per la morte, come unica possibilità di cambiamento in questa valle di lacrime che è la vita.
Nonostante l’innovativo punto di vista, il risultato non sembra essere dei migliori. La storia è, si, raccontata “da Mary”, ma manca la suspence, un percorso verso la scoperta della verità sul mistero che cela il Dottore: Mary sembra sempre consapevole del fatto che si tratti della stessa persona, e forse questa scelta permette di enfatizzare ancor di più l’accettazione di questa spaccatura, ma la pellicola ne perde in narrazione e brillantezza.

Prima di andare avanti, due curiosità.
Oltre che in “Mary Reilly”, in altre due riproposizioni cinematografiche viene inserita una storia d’amore, di cui è privo il romanzo di Stevenson: “Il Dottor Jekyll” (1931), di Rouben Mamoulian, presenta la relazione tra Jekyll e Muriel Carew, figlia di quel Danvers Carew, parlamentare vittima di Hyde. In “Il Dottor Jekyll e Mr. Hyde” (1941), di Victor Fleming, viene proposto, invece, l’amore tra il Dottore ed una misteriosa cameriera: che si possa parlare di contaminazione, non ci è dato sapere.
In secondo luogo, va ricordato che nel romanzo, Hyde appare assai diverso da Jekyll, fisicamente parlando: si tratta di un uomo più giovane (proprio perché la parte malvagia di Jekyll ha visto la luce di recente), basso, con braccia corte e particolarmente villoso. L’aspetto di Hyde è stato reinterpretato più volte, sia su celluloide che su carta, in particolare nei disegni dei fumettisti della Marvel (in cui compare un omonimo supercriminale): diviene prima un gigante dai tratti scimmieschi in “La leggenda degli uomini straordinari”, affiancando Sean Connery ed altri supereroi, e poi un mostro deforme e muscoloso contro cui combatte Hugh Jackman nel prologo di “Van Helsing”. Inoltre, ha ispirato la nascita del “Golia Verde”, Hulk.

Il successo del romanzo, viene ripagato da una buona riproposizione cinematografica, arricchita da un cast e dall’ entourage tutto, che ne hanno fatto una delle riproposizioni più riuscite.
John Malkovich impersona con intensità e realismo i panni del gentiluomo e del violento, dimostrando ancora una volta tutto il talento, sviluppato durante la lunga esperienza di teatrante. Julia Roberts risulta assolutamente adatta alla parte fin dalle prime scene: dopo aver raggiunto la fama mondiale con “Pretty Woman”, riesce anche nella prova di caratterizzazione, preparandosi al record del 2001, raggiunto con “Erin Brokovich, la forza della verità”, con cui si aggiudicata in una sola volta, BAFTA, Sag Awards, Golden Globe (per miglior film drammatico) e Oscar come migliore attrice non protagonista: la prima donna a raggiungere un tale risultato! Una variopinta Glenn Close, porta colore nel grigiore della Londra “frearsiana”, fornendo un’altra buona prova; ciò vale anche per Michael Gambon, meglio conosciuto dai più come il saggio Albus Silente (almeno dal 2004, anno in cui ci ha lasciato Richard Harris, primo interprete dello stregone). Una curiosità proprio su Gambon: nel 1970 rischiò di vestire i panni dell’agente Bond dopo George Lazenby, ma il progetto non venne mai portato a realizzazione.
Un rodato entourage completa lo staff: sul set di “Relazioni pericolose” (1988) si erano già conosciuti il regista, Sthephen Frears, lo sceneggiatore, Christopher Hampton, vincitore dell’Oscar per la migliore sceneggiatura non originale proprio per la pellicola in questione, e il tecnico della fotografia, Philippe Rousellot. Ricordiamo, inoltre, che nel cast di “Relazioni pericolose” figurano proprio John Malkovich e Glenn Close. Un cenno va fatto anche alle scenografie di Stuart Craig, che permettono la resa perfetta delle atmosfere cupe e misteriose del film; costituisce un vero tocco di inventiva, la costruzione del laboratorio anatomico del Dottore come il palcoscenico di un teatro, in cui Jekyll può mettere in scena il delirio da cui è afflitto.
Nonostante non aggiunga niente di nuovo al capolavoro letterario, si tratta, come abbiamo detto, di un’ottima riproposizione, forte ed intensa nell’esposizione del dramma, meno brillante nella narrazione.

VOTO 6/10



Marco Fiorillo
Pier Lorenzo Pisano

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