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venerdì 24 giugno 2011

La leggenda di Bagger Vance (2000)


Ciclo "Per non dimenticare": Swing e Cinepresa

Regia:Robert Redford
Soggetto:Steven Pressfield (romanzo)
Sceneggiatura:Jeremy Leven
Fotografia:Michael Ballhaus
Montaggio:Hank Corwin
Musiche:Rachel Portman
Scenografia:Stuart Craig
Will Smith: Bagger Vance
Matt Damon: Rannulph Junah
Charlize Theron: Adele Invergordon
Bruce McGill: Walter Hagen
Joel Gretsch: Bobby Jones
J. Michael Moncrief: Hardy Greaves
Lane Smith: Grantland Rice
Jack Lemmon: Voce narrante / Hardy da anziano

Come ogni leggenda, c’è sempre un fondo di verità, che in questo caso è il romanzo “The Legend of Bagger Vance” di Steven Pressfield.
Sesto film diretto da Robert Redford, estremamente sensoriale e poetico, presenta una visione quasi epica del campo da golf, specchio della nostra anima, delle stagioni, della dura bellezza della vita.

Rannulph Junuh(Matt Damon) è un giovanissimo fenomeno del golf, ha una vita invidiabile: bello, bravo, ha l’amore della bellissima ereditiera Adele Invergordon (Charlize Theron). Chiamato alle armi per difendere la patria, ritorna carico di medaglie e di incancellabili fantasmi che continuano a perseguitarlo e gli fanno smarrire il senso della sua vita ed il suo stesso swing, il fluido movimento oscillatorio col quale i golfisti colpiscono la palla.
Quando un grandioso torneo di golf è organizzato nella sua città natale, è richiesta la sua partecipazione, ma prima deve riuscire ad affrontare il suo passato e recuperare così il suo swing. Allora arriva in suo aiuto il misterioso caddy Bagger Vance…

Redford è maestro nel ricreare gli ambienti, i costumi e le espressioni dell’America degli anni ‘30, ed esamina anche le tematiche sociali, l’effetto della guerra e della Depressione sul popolo americano.
Il golf assume un ruolo metafisico, è (forse eccessivamente) carico di significati e sembra che ogni metro percorso camminando su di un campo da golf debba dispensare lezioni di vita; profeta del golf è Bagger Vance, figura evanescente e a tratti soprannaturale, vero conoscitore del “gioco”, termine riduttivo per i termini nei quali se ne parla nel film.
Numerose sono le inquadrature degne di nota, belle le panoramiche sul campo, bravi gli interpreti (anche se Matt Damon riesce a stento ad essere un cattivo ragazzo per cinque minuti di pellicola), la colonna sonora è notevole, tuttavia due pesi gravano sul film: la figura centrale stessa del film, Bagger Vance, ed un diffuso moralismo che è onnipresente nel film.

Il film ha subito molte critiche per la figura del “magical negro”, un vecchio stereotipo cinematografico ripescato per l’occasione, lo “schiavo felice” che aiuta il padrone bianco. Tuttavia se si soprassiede su quest’elemento, si può lasciar emergere la ricchezza delle sotto-trame: il bambino narratore, la storia d’amore di Rannulph ed Adele, il rapporto tra i tre golfisti Walter Hagen, Bobby Jones e Rannulph.

I tre campioni sono molto diversi tra loro: ognuno da il proprio significato alla vita, e manifesta ciò nel suo gioco sul campo, Walter è disilluso, cinico e donnaiolo e dopo il torneo giocherà solo partite dimostrative; Bobby è un genio, un uomo fuori dal comune, padre di famiglia, pienamente realizzato, in armonia con se stesso; Rannulph ha perso se stesso, e più si riconcilia con se stesso, più il suo gioco migliora.

Il film presenta inoltre una struttura molto schematica e precisa, al livello di storia e di corrispondenze e legami tra i personaggi, forse ricavata dal romanzo.
Un film che merita sicuramente di essere visto, bello esteticamente, tenta di esserlo anche internamente, diventando leggermente moralista.
Voto: 7/10
Pier Lorenzo Pisano
Marco Fiorillo

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