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giovedì 7 luglio 2011

13 Assassini (2011)

Koji Yakusho: Shinzaemon Shimada

Takayuki Yamada: Shin Rouko

Yusuke Iseya: Koyata

Goro Inagaki: Lord Naritsugu Matsudaira

Masachika Ichimura: Hanbei Kitou

Mikijiro Hira: Sir Doi

Hiroki Matsukata: Kuranaga

Ikki Sawamura: Mitsuhashi

Arata Furuta: Sahara

Tsuyoshi Ihara: Hirayama

Masataka Kubota: Ogura

Sosuke Takaoka: Hioki

Seiji Rokkaku: Otake

Yuma Ishigaki: Higuchi

Koen Kondo: Horii

Regia: Takashi Miike

Soggetto: Kaneo Ikegami

Sceneggiatura: Kaneo Ikegami, Daisuke Tengan

Fotografia: Nobuyasu Kita

Musiche: Koji Endo

Scenografie: Yuji Hayashida


Togugawa, 1884. Il fratello dello Shogun, Naritsugu (Goro Inagaki), ebbro di violenza e depravazione, sta seminando la morte tra le famiglie della regione. Accertata l’impossibilità di risolvere la questione per vie diplomatiche e per l’eccessiva efferatezza dei crimini, il ciambellano Doi (Mikijiro Hira) dispone l’eliminazione del “nobile”. Il compito viene affidato al venerando maestro di katana Shinzaemon Shimada (Koji Yakusho). Per portare a compimento la missione, il samurai riunisce attorno a se dodici valorosi guerrieri: i tredici assassini saranno chiamati a porre fine all’incubo partorito dalla perversa mente di Naritsugu.

La pellicola, presentata con discreto successo alla 67° Mostra d’arte cinematografica di Venezia nel settembre del 2010, è un rifacimento del nipponico “jidai geki” (il nostrano “cappa e spada”) “13 Assassini”, diretto nel 1963 dal maestro Eiichi Kudo. Eguaglia la maestria dell’omonimo precedente, l’opera di Takashi Miike. Ne è passato di tempo da quando, il cineasta giapponese, vide esplodere il suo successo al di fuori dei confini di patria, con la produzione di “Fudoh”, prima, e della trilogia de “Dead or Alive”, poi. Eppure il suo cinema dalle radici sempreverdi non ha smesso di impressionare, come dimostra l’ultimo “13 Assassini”. Se da una parte il film incanta per la vivida e magistrale presa visiva, frutto del talento del regista e dell’abilità nel renderlo su celluloide di Kita, Direttore della fotografia, e per la suggestiva colonna sonora, cassa di risonanza d’estrema evocazione, la vera abilità sta nel sapere impastare, con mano esperta, la perfezione stilistica con la resa contenutistica. Ed è così che prende vita un Giappone malfermo, spaccato tra l’atavica tradizione che porta sulle spalle e la strada che conduce alla modernità: il tutto, reso dallo scontro tra samurai e fucili, portato sullo schermo con intense scende d’azione ed una violenza cruda ma mai eccessiva, considerando le carneficine cui ci ha abituato Miike.

Il tutto farebbe sperare in un meritato spiraglio qualitativo, nel grigiore di una contemporanea produzione cinematografia che lascia alquanto a desiderare. Tuttavia, il successo, nella sua completezza, viene minato da due fattori: l’eccessiva durata determina un dispiegamento dell’azione troppo rallentato, cui si unisce una resa linguistica che risente delle difficoltà di traduzione di un idioma così complesso, come quello della tradizione nipponica.

Si tratta, nonostante qualche pecca, di una prova brillante, che testimonia come il valore d’una pellicola possa passare ancora per il talento e per la dedizione, e non solo per la lente 3D di un paio d’occhiali.

VOTO 7/10

Marco Fiorillo

Pier Lorenzo Pisano

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