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giovedì 6 ottobre 2011

Frankenstein di Mary Shelley (1994)


Ciclo "Per non dimenticare": Sfogliando una pellicola...

Robert de Niro: la Creatura
Kenneth Branagh: Victor Frankenstein
Helena Bonham Carter: Elisabetta Lavenza
Tom Hulce: Enrico Clerval
Aidan Quinn:Robert Walton
Ian Holm: Alfonso Frankenstein
Richard Briers: De Lancey
John Cleese: Prof. Waldman
Cherie Lunghi: Caroline Frankenstein
Regia: Kenneth Branagh
Soggetto: Mary Shelley
Sceneggiatura: Steph Lady, Frank Darabont
Fotografia: Roger Pratt
Musiche: Patrick Doyle

Nell’estate piovosa del 1816, Mary Shelley cominciò per caso a scrivere una breve storia di fantasmi: quella storia sarebbe diventata “Frankenstein; ovvero il moderno Prometeo”, opera prima della scrittrice. Quasi due secoli dopo, lo strumento si adatta al tempo che passa ma l’emozione della narrazione rimane la stessa.
Mare Artico, 1794. Il Capitano Walton (Aidan Quinn) rimane intrappolato con la sua imbarcazione tra gli insuperabili ghiacciai. Mentre la sua ciurma lavora per spaccare la lastra che blocca il passaggio, uno stravolto viandante raggiunge la nave. L’uomo, a colloquio con il Capitano, rivelerà d’essere Victor Frankenstein (Kenneth Branagh), un medico in fuga da una terribile minaccia. Come un aedo della migliore tradizione orale, Frankenstein racconta la sua storia a Walton, ripercorrendo tutta la sua vita.
La trama intessuta da Mary Shelley ha sempre fornito fruttuoso materiale per l’industria cinematografica. Una “collaborazione”, quella tra mondo cartaceo e cinepresa, cominciata nel lontano 1910, con il cortometraggio muto di J. Searly Dawley, e terminata proprio con la versione proposta da Branagh e compagni nel più vicino 1994. La pellicola rientrava in un progetto della Tristar che prevedeva la realizzazione di film horror cult, tra cui si inseriscono “Dracula di Bram Stocker”, “Mary Reilly” e “Wolf- La Belva è fuori”. I temi che suscitano interessi sono, ovviamente, gli stessi che vengono proposti nel romanzo ma trovano nuova forza perché più vicini a noi cronologicamente. Viene portata sullo schermo una dinamica assolutamente moderna che rientra pienamente nel dibattito scienza/morale: quando è diventato possibile cambiare completamente il proprio aspetto, poter aver la possibilità di riflettere sulla pericolosità dell’avanzamento scientifico diviene fondamentale. Quando poi lo strumento è così vicino a noi come il Cinema, la riflessione è ulteriormente fruibile. Ancor più interessante è la messa in scena della vicenda, molto vicina ad una realizzazione teatrale, come dimostrato dalla scansione di tre momenti narrativi molto chiari, cui si associano altrettanti “palcoscenici”. Una scelta che, oltre ad esaltare la riproposizione della vicenda, diminuisce le distanze tra romanzo e cinema.
Basta notare il nome legato alla regia dell’ultimo “Frankenstein” per comprendere la direzione teatrale della produzione. Kenneth Branagh, ha mosso i primi passi della sua florida carriera in teatro, trovando in Shakespare un modello ed un “mentore”. Quando, nel 1987, fonda la Renaissance Theatre Company, conosce il compositore Patrick Doyle: i due condivideranno la maggior parte delle loro esperienze lavorative. Alla coppia si unisce lo sceneggiatore Frank Darabont, che già aveva avuto modo di dimostrare le proprie qualità nella riduzione cartacea occupandosi di “Le ali della Libertà” e del “Miglio Verde”, entrambe storia del maestro dell’horror Stephen King.
A suggellare il successo del film, la presenza del sempreverde Robert de Niro, la cui sola presenza basterebbe a rendere credibile il tutto. Al suo fianco, Kennet Branagh, sempre valido anche davanti alle telecamere, Helena Bonham Carter e Ian Holm, meglio conosciuto con lo pseudonimo tolkeniano di Bilbo Baggins.
Nonostante le difficoltà che l’operazione della trasposizione implica, il risultato è un’opera godibile ed emozionante, equilibrata nel gestire brivido e dramma.
VOTO 7/10
Marco Fiorillo
Pier Lorenzo Pisano

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