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mercoledì 18 gennaio 2012

La Chiave di Sara (2012)




La chiave di Sara
Titolo originale: Elle s'appelait Sarah
Francia: 2010. Regia di: Gilles Paquet-Brenner Genere: Drammatico Durata: 111'
Interpreti: Kristin Scott Thomas, Mélusine Mayance, Niels Arestrup, Frédéric Pierrot, Arben Bajraktaraj, Gisèle Casadesus, Michel Duchaussoy, Dominique Frot, Natasha Mashkevich, Aidan Quinn
Sito web ufficiale: www.sarahskey.com.au
Sito web italiano:
Nelle sale dal: 13/01/2012
Voto: 8
Trailer
Recensione di: Daria Castelfranchi
L'aggettivo ideale: Doloroso
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Sono molti i film che hanno raccontato l’Olocausto e il dramma della deportazione.
Ma per la prima volta, il regista francese Gilles Paquet-Brenner, ispirato dallo splendido best seller di Tatiana De Rosnay, porta in scena un fatto scioccante di cui pochi sono a conoscenza: il rastrellamento del Vel d’Hiv di Parigi.
Nel Luglio del 1942, migliaia di ebrei furono infatti prelevati dalla polizia francese e portati in un immenso velodromo, tenuti lì per giorni in condizioni disumane e infine smistati in diversi campi di transito situati nel nord della Francia.
Una pagina nera della storia francese, per la quale, nel 1992, l’allora Presidente Jacques Chirac, si scusò con un lungo discorso.

La protagonista di questo tragico evento è la piccola Sara: quando la polizia arriva a casa sua, nasconde il fratellino Michel in un armadio con una bottiglia di acqua, promettendogli che tornerà a prenderlo. Lei e i genitori vengono portati al Vel d’Hiv e successivamente separati.
Ma la piccola è caparbia e tornare a Parigi a liberare il fratellino è l’unica cosa che la tiene in vita. Un poliziotto impietosito la fa passare sotto il filo spinato: fugge e viene accolta da una coppia di mezza età che si prende cura di lei e riesce a portarla in città.

XXI secolo: Julia è una giornalista ed è in procinto di scrivere un lungo articolo sui fatti dell’estate 1942 quando si imbatte in Sara. Le ricerche la portano in un appartamento del Marais, lo stesso in cui viveva il suocero quando era bambino. Un terribile segreto inizia a venire a galla e quelle di Julia, da semplici ricerche per l’articolo, diventano un fatto personale. Vuole rintracciare la famiglia adottiva di Sara, Sara stessa. Il suo è una sorta di viaggio alla scoperta di sé tramite il passato di un’altra donna.

La chiave di Sara è di una bellezza straziante: toccante e dolorosamente vivo. Ricostruisce abilmente i giorni neri di tredicimila  ebrei deportati, la solitudine di una donna e di una bambina. L’incapacità di quest’ultima di accettare quanto ha sopportato, la capacità, al contrario, di Julia, di ribellarsi a chi le tarpa le ali.
Quello di Paquet-Brenner è un film intenso, che andrebbe visto anche solo per la splendida interpretazione di Kristin Scott Thomas la quale, tra l’altro, nella versione originale spazia dall’inglese al francese con grande naturalezza e con un’eccezionale padronanza della lingua d’oltralpe.

Di certo non un’opera distensiva ma un racconto per riflettere e per non dimenticare, che alla regia stilisticamente curata e alla splendida fotografia, unisce un intreccio coinvolgente, che commuove e tiene incollati allo schermo.
Poetica e al tempo stesso lancinante l’immagine delle due bambine che, dopo la fuga nei campi di grano, nuotano nel lago, lasciandosi cullare dall’acqua. Intensi i primi piani del volto tormentato di Sara ormai adulta.
Una storia di coraggio e amore, un film che ricostruisce un drammatico fatto storico pressoché sconosciuto, soprattutto alle nuove generazioni, ed una profonda e indiscutibile verità: “Siamo tutti il prodotto della nostra storia”.

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