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venerdì 18 marzo 2011

Nel nome del padre


Ciclo “per non dimenticare” Festa del papà



Nel nome del padre(1993)

Daniel Day-Lewis: Gerry Conlon.
Pete Postlethwaite: Giuseppe Conlon.
Emma Thompson: Gareth Peirce.
John Lynch: Paul Hill.
Corin Redgrave: Robert Dixon.
Anthony Brophy: Danny.
Frankie McCafferty: Tommo.
                                                                                    Beatie Edney: Carole Richardson.
                                                                                    Mark Sheppard: Paddy Armstrong.
                                                                                    Tom Wilkinson: Giudice.
                                                                                    Saffron Burrows: Ragazza hippy.

                                                                     Regia: Jim Sheridan.
                                                                     Soggetto: Gerry Conlon(autobiografia)
                                                                     Sceneggiatura: Terry George, Jim Sheridan.
                                                                     Fotografia: Peter Biziou.
                                                                     Musiche: Bono, Ray Davies, Bob Dylan,
                                                                     Gavin, Friday, Gavin Friday, Gavin Friday,
                                                                     Jimi Hendrix, Mildred J. Hill, Patty S. Hill,
                                                                     Trevor Jones, Phil Lynott, Bob Marley,
                                                                    Sinéad O'Connor, Nino Rota,Maurice Seezer.


Buio. Un pub di sera, dei ragazzi festosi. Un esplosione. La primissima scena (che rievoca propriamente quello che Hitckock definiva “stupore”) di questo capolavoro di Jim Sheridan ci proietta in un mondo quasi medievale, dominato da soprusi indicibili e da terrore costante, dove i diritti sono calpestati e si combatte quotidianamente per sopravvivere. Il film è tratto dall’autobiografia di Gerry Conlon, un’agghiacciante storia vera; ed infatti il film prosegue con la voce narrante di Gerry che racconta la sua storia attraverso un nastro all’avvocatessa Gareth Peirce. Gerry Conlon(un impressionante Daniel Day-Lewis) è un giovane ragazzo irlandese che si ingegna a tirare avanti con dei furtarelli, nel clima tesissimo delle rivolte dell’IRA(armata di liberazione dell’Irlanda del nord). Sarà costretto per un equivoco(il primo di una lunga serie) e per la sua scapestratezza ad abbandonare l’Irlanda e  la sua famiglia. Ad accompagnarlo alla nave in partenza per Londra il padre Giuseppe Conlon, col quale George ha un rapporto molto contrastato. A Londra prenderà parte ad una comune hippy insieme all’amico Paul Hill, ritrovato in nave, e sperimenterà una vita alla giornata e all’insegna delle droghe e dell’amore libero. Una fatale sera, la realtà illusoria dell’amore hippie si disvela per quello che è, un ipocrisia, ed i pregiudizi contro gli irlandesi, insapritisi per gli attentati verificatisi a Londra, costringono i due a passare la notte fuori dalla comune. Quella notte in un pub di Guildford si verifica l’esplosione mostrata all’inizio del film. I due irlandesi tornano a casa poco dopo, e grazie ad una vaga segnalazione di un membro della comune, sono incolpati ingiustamente dell’attentato, e proveranno sulla loro pelle terrorismo psicologico, violenze, ricatti, logoranti e subdoli interrogatori, resi possibili grazie a una legge barbara (nella capitale della democrazia) ed infine un processo indegno, nel quale sarà coinvolta gran parte della famiglia Conlon, bambini compresi, accusati di essere una rete d’appoggio per i terroristi; e saranno tutti condannati, grazie a prove fumose ma soprattutto alla forza dei pregiudizi e all’esigenza di un capro espiatorio.
In carcere George e Giuseppe saranno costretti dalla vicinanza a riesaminare il loro rapporto, e soprattutto George attraverserà un lungo processo di maturazione, grazie alla moralità incrollabile di Giuseppe che dopotutto è stato l’unico vero punto di riferimento stabile di tutta la vita di George. Dopo 5 anni di carcere, il processo verrà riesaminato grazie agli sforzi di Giuseppe , George e del’avvocatessa Peirce.

In tutto il film si susseguono scene esplosive, sia visivamente, sia in quanto a tensione drammatica. La situazione terribilmente surreale per la sua assurdità, l’ingiustizia subita, il crollo di ogni certezza, la menzogna, coinvolgono lo spettatore e lo fanno gridare di rabbia insieme a George. Il padre è l’unica figura d’appoggio, nella sua innocenza, candore di ideali e serietà. È una persona onesta ed ammirevole, che spera che il figlio riesca a trovare la sua via ma non è mai stato in grado di far sentire George accettato. Per questo il giovane agisce sempre dando per scontato che non avrà la stima del padre, e quindi si lascia andare a comportamenti sbagliati.

Questo rapporto di amore-odio col padre è comunque fortissimo nel bene o nel male: basti ricordare alcune scene(delle moltissime scene forti del film). All’emissione del verdetto del carcere a vita per George, l’unica cosa che lui riesce a dire è “Aiutami”, riferito al padre. Ha su di sé il peso di tutta la sua famiglia, un peso insopportabile, e l’unico disposto ad aiutarlo può essere solo suo padre. Quando poi il padre viene incarcerato, George riconosce la sua voce e lo intravede dallo spioncino della cella: nudo, vecchio, bianco per la sostanza antipulci. Urla il suo nome. È una visione terribile, è come l’apparizione di un fantasma, un incubo, un dio immolato per lui, che lo ha sempre seguito e protetto per tutta la vita e che anche adesso gli è vicino, nell’ora più buia.

Tutta la vicenda del film si basa sull’equivoco e sulla deliberata menzogna; George arriverà a dire che “le parole non significano niente”, e tutto sembra dargli ragione, inoltre la certezza della propria innocenza è come un macigno che gli pesa addosso, cosi come dovrebbe pesare addosso agli agenti che hanno sacrificato la sua vita e quella dei suoi parenti.

Questo è anche un film sulla paura; paura del confronto col padre, paura per la propria incolumità, la paura ottusa e ignorante delle masse che puntano il dito, paura di morire in carcere.
È impressionante pensare quanto poco tempo fa si siano verificati questi eventi, dalla inconcepibile drammaticità, che un film può solo sfiorare, pur generando una fortissima carica emotiva e sete di giustizia e profonda compassione ed immedesimazione con i personaggi.
In definitiva il film è appassionante e si lascia seguire, forse un po’ didascalico, ma da vedere assolutamente.
Candidato a 7 statuette, porta a casa solo gli applausi di critica e pubblico.

VOTO 7/10

Pier Lorenzo Pisano

Marco Fiorillo

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