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giovedì 24 marzo 2011

La stangata

Ciclo "Per non dimenticare" Allievo e Maestro



La stangata(1973)


Paul Newman: Henry Gondorff

Robert Redford: Johnny Hooker

Robert Shaw: il boss Doyle Lonnegan
Charles Durning: il poliziotto William Snyder
Ray Walston: J.J. Singleton
Eileen Brennan: Billie, la donna di Gondorff
Harold Gould: Kid Twist
John Heffernan: Eddy Niles
Dana Elcar: agente Polk
Larry D. Mann: Mr. Clemens
Sally Kirkland: Crystal
Jack Kehoe: Joe Erie
Robert Earl Jones: Luther
Dimitra Arliss: Loretta






“La Stangata” non è un semplice film. Al pari di film come “Rear Window”, esso è una finestra sul mondo del cinema, della meraviglia e dello stupore, e prende per mano lo spettatore  conducendolo dove la magia stessa  dello spettacolo è creata.

Ambientato in un’America del 1936 tanto chiassosa e colorata quanto dura e crudele, narra la storia di Johnny Hooker(Robert Redford), che insieme a Luther Coleman è un ladruncolo che tira a campare con piccole truffe. I due fanno il colpaccio ma inconsapevolmente pestano i piedi al boss locale Doyle Lonnegan(Robert Shaw). Luther sconta il prezzo, e Hooker decide di vendicarsi organizzando una grande truffa ai danni del boss con l’aiuto di Henry Gondorff (un Paul Newman dal sorriso beffardo in ogni inquadratura).


Johnny Hooker è un vero e proprio artista di strada, di raro talento. Astuto, imbroglione, scapestrato, faccia di bronzo: un giovane e talentuoso istrione. Henry Gondorff  invece si improvvisa capocomico di una compagnia di reietti della società, ma dotati di meraviglioso talento recitativo, tanto da far parte del “giro grosso”, le grandi truffe, che altro non sono se non grandi e spettacolari allestimenti teatrali mirati a derubare il prossimo.


Il film gira preciso come un orologio ben oliato, diviso in sette atti, come si conviene ad uno spettacolo a metà tra il teatro ed il cinema. Ricco di scene e dialoghi brillanti e mai banali, conditi da un’altissima qualità degli interpreti, incorniciato da una colonna sonora circense e burlesca, vincitrice del premio oscar.

Il vero soggetto del film è lo spettacolo in se, la voglia di stupire, ammaliare, mostrarne i retroscena. Ma anche in questo, il film non è onesto con noi fino all’ultimo. La finzione nella finzione, come in un gioco di scatole cinesi, contiene a sua volta altre finzioni, fino a  rendere indistinguibile la realtà. Henry Gondorff, attore della “rappresentazione” della quale è anche consumato regista, crea un inganno che sembra quasi contorcersi su se stesso e duplicarsi all’infinito: un gioco di specchi dove ovunque si riflette il sottile compiacimento della truffa. La verità scompare eclissata dalla ragnatela di miraggi creati dal giostraio Gondorff che manipola il malcapitato come vuole, rendendolo inconsapevole primo attore nella sua tragicommedia. I meccanismi e gli allestimenti dietro la macchina da presa ci sono disvelati, ma non per questo perdono il loro fascino, anzi si fanno elemento narrativo e contribuiscono a creare l’atmosfera “teatrale” che domina gran parte del film. Mentre Fellini avrebbe mostrato le stesse macchine da presa riprendere altre macchine da presa creando un effetto poetico di eco infinito, “La Stangata” si fa beffe del pubblico, pur mostrandogli la sua ossatura.

Hooker e Gondorff sembrano quasi essere due versioni dello stesso personaggio, la loro differenza si palesa solo nel diverso stile e modo di porsi nei confronti della vita, dovuto alla maggiore maturità di Gondorff, che avvolge, comprensivo, Hooker sotto la sua ala protettrice, divenendone mentore e guida. Tra i due si instaura un rapporto inizialmente di compassione reciproca, Gondorff appare al principio come un uomo finito, e Hooker è un fuggitivo con una taglia sulla testa; successivamente questo si convertirà in rispetto, stima “professionale”, sorrisi sardonici.


Questo spettacolo meraviglioso avrà solo una prima e non sarà replicato. Fissato per sempre sulla pellicola, ci è stato donato da George Roy Hill, che aveva già lavorato precedentemente con Redford e Newman, coppia rodata in “Butch Cassidy”, e gli varrà la statuetta alla regia. Vincitore di sette oscar in totale(tra cui miglior montaggio e miglior scenografia) e candidato a dieci, sbancò anche ai botteghini.

Un successo senza tempo che è rimasto impresso nella storia del cinema (con strascichi anche recenti, basti pensare al fortunato “Ocean's eleven” ),  inserito infatti a buon diritto nel National Film Registry della Biblioteca del Congresso degli Stati Uniti.

VOTO 9/10

Pier Lorenzo Pisano

Marco Fiorillo


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