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mercoledì 30 marzo 2011

Speciale Cineteca:Lee Changdong

Lee Changdong


Lee Changdong è un regista sud-coreano; ex-insegnante di liceo e romanziere, nel 1993 scrive la sua prima sceneggiatura(“To the Starry Island”), e risale al 1997 il suo primo lungometraggio come regista(“Green Fish”).
Acclamato in occidente, partecipa al Pusan International Film Festival ("Peppermint Candy", 1999), nominato al leone d'oro a Venezia e premio speciale della giuria("Oasis", 2002) e vincitore al festival di Cannes("Secret sunshine", 2007) per la migliore interpretazione femminile, presente inoltre a svariati festival asiatici e indipendenti.

La sua visione del cinema è molto influenzata dal neorealismo italiano e da alcuni aspetti del cinema coreano (precedente la dittatura degli anni settanta), accomunati dall'idea della riproduzione della realtà cosi com'è e dell'idea di cinema non come luogo di rifugio ma anzi come luogo catartico in cui (citando Changdong stesso)"ciascuna interiorità può incontrarsi con la realtà". Il suo è un cinema della "realtà e fantasia", una sintesi che sembra essere vincente a giudicare dai risultati ottenuti: la sua ultima fatica "Poetry", in uscita nelle sale italiane l’1 aprile, ha vinto all’Asian Film Awards di Hong Kong (gli Oscar orientali) il premio per la Miglior Regia e il premio per la Miglior Sceneggiatura, sceneggiatura risultata vincitrice anche a Cannes. Regista capace di creare atmosfere cariche di deprimente realtà e personaggi che si imprimono nella memoria dello spettatore, nelle sue pellicole ritroviamo affrontate spesso tematiche sociali e di denuncia,(ricordiamo che è anche stato ministro della cultura); egli sostiene che nella attuale società multimediale ormai i giovani non pensino piu per parole scritte, ma per immagini, e che sia importante domandarsi, soprattutto se ci si trova nella posizione di produrre cultura per immagini, "Che tipo di immagini stiamo producendo?". Come ministro si è battuto nella convinzione che economia e cultura vadano di pari passo, e che sia sbagliato tagliare i fondi alla cultura per favorire l'economia perchè anche la cultura arricchisce, sia il paese che le singole persone.
Nonostante la vitalità e poliedricità del cinema recente sudcoreano anche per esso si inizia a parlare di crisi, ma per Changdong la soluzione è nella creatività, elemento fondamentale in presenza della quale nessuna crisi può esistere.


Peppermint Candy(1999)

Scritto e diretto da: Lee Changdong
Con:
Sol Kyung-gu
Moon So-ri
Kim Yeo-jin







 Il secondo lungometraggio di Lee Changdong ha inizio con una scena molto forte: la fine della vita di un uomo, Yong-ho. Un uomo disperato che si lascia andare completamente al dolore, un corpo donato all'angoscia e alla disperazione come in un quadro di Munch. Urla inconsulte, sbracciamenti e morte, che arriva inesorabile sotto forma di treno, in contrasto con la pace del fiume che scorre sotto le rotaie sopraelevate e a dispetto della superficialità delle persone che cantano e si svagano li vicino.

 L'acqua, il treno, la morte: questi sono i tre elementi cardine del film che si ripresenteranno sempre. Ogni scena rilevante è sottolineata dall elemento dell'acqua, sottoforma di fiume, mare, pioggia torrenziale, doccia lasciata aperta, perchè l'acqua scorre sempre, cosi come un treno, ed è inesorabile come la morte del protagonista. La vita procede su binari già tracciati ed anche se sembrano esserci biforcazioni, la scelta è un'illusione. Il punto d'arrivo non può cambiare. L'unica cosa che si può fare è procedere a ritroso e ricostruire i tasselli del mosaico della vita di quest'uomo, che uniti insieme lo hanno portato al suicidio. Il film è diviso in sezioni, separate dalle riprese di un treno che procede all'inverso, simbolo della vita, in una composizione ad anello. Lentamente tutti i pezzi si incastrano procedendo a ritroso di vent'anni nella vita di Yong-ho fino a restituirci un quadro sempre piu completo ed una comprensione sempre maggiore di quello che appare come un atto assurdo quale il suicidio. Contemporaneamente Lee Changdong ripercorre attraverso la vita di Yong-ho le tappe della storia recente coreana, criticandole aspramente, e che avranno anche un'effetto concreto sulla vita del personaggio, rendendolo sempre piu cinico e crudele. Il poetico ritratto della vita di un uomo, mostrata con tutte le indecisioni, le scelte sbagliate, le illusioni, i dolori, gli amori, i rimpianti. Il treno si fermerà solo quando ritornerà al punto di partenza: il fiume. Un ragazzo che voleva fare il fotografo guarda con sguardo ingenuo e colmo di speranze il futuro teatro della sua morte.
 Il film è ricco di inquadrature dalla grande carica espressiva, ed offre spaccati della realtà della Corea del sud di una crudezza disarmante. Riesce sempre a creare una sensazione di attesa nello spettatore, disseminando piccoli indizi, oggetti significativi, in ogni sezione della vita di Yong-ho, che richiama le sezioni precedenti o successive, in un ben congegnato sistema ad incastro.

L'uomo si identifica nella Storia, e non riesce a reggerne il peso: questo è il vero motivo del suicidio. Lee Changdong rappresenta sullo schermo le contraddizioni ed il dolore di un paese che ha massacrato i suoi studenti negli anni ottanta, e che guardandosi alle spalle, personificato in Yong-ho, non riesce a reggere il peso della colpa.
Un film di denuncia intriso di introspezione e drammaticità.

Pier Lorenzo Pisano

Marco Fiorillo

voto 7/10

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