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martedì 10 maggio 2011

Source code

Source code(2011)


Regia:Duncan Jones (regista)
Soggetto:Duncan Jones(regista)
Sceneggiatura:Ben Ripley

Jake Gyllenhaal: Colter Stevens
Michelle Monaghan: Christina Warren
Vera Farmiga: Carol Goodwin
Jeffrey Wright: Dr. Rutledge
Russell Peters: Max Denoff
Michael Arden: Derek Frost
Cas Anvar: Hazmi



Il capitano Colter Stevens (Jake Gillenhall), eroe e reduce della guerra in Afghanistan, è, a sua insaputa, tenuto in vita artificialmente in un centro di comando militare specializzato nello scongiurare attacchi terroristici. Qui il Dr. Rutledge (Jeffrey Wright) creatore del Source Code, un programma in grado di far rivivere gli ultimi otto minuti della vita di una persona defunta, lo ha selezionato per mettere alla prova il funzionamento del suo dispositivo, nel tentativo di salvare Chicago da un possibile attacco nucleare. Il capitano Stevens, diretto nelle operazioni dal suo pari grado Carol Goodwin (Vera Farmiga), dovrà scoprire l'identità dell'attentatore, rivivendo gli ultimi otto minuti della vita di Sean Fentress, un insegnante di lettere morto in un incidente ferroviario causato dallo stesso terrorista che ora minaccia di far saltare in aria la città.

Figlio del politropo David Bowie e cineasta particolarmente sensibile al genere fantascientifico, Duncan Jones, scelto dallo studio cinematografico indipendente Summit Entertainment e voluto a tutti costi dallo stesso Gillenhall per la regia, consegna agli schermi una pellicola ben realizzata ma forse leggermente edulcorata dal buonismo hollywoodiano.

Dopo “Moon”, titolo maggiormente esistenzialista di cui Jones ha firmato anche la sceneggiatura, “Source Code”, scritto da Ben Ripley, appare un prodotto qualitativamente superiore alla media delle ultime uscite, non fosse altro che per le insistenti eco dickiane (si pensi a “Minority Report” su tutti), qualche colta citazione di “Ritorno al Futuro”,  i paradossi tragici di “Donnie Darko” ed il ritmo sostenuto – ma sta volta non inverosimile! – del Deja-vù” di Tony Scott.

La sovrapposizione di più tracce e piani narrativi, sebbene ne amplifichi il gradimento rendendolo commercialmente appetibile, tende spesso a far passare in secondo piano l'elemento sci-fi, lasciando intendere e non approfondendo mai la questione come dovuto.
Al contrario di altre opere di genere, l'ipotesi di un universo parallelo che si stacchi iperbolicamente da quello attuale è semplicemente sperata dal capitano Stevens, che, costretto ad una esistenza meschina, vede nell'ipotesi di vivere l'esistenza di Fentress, sostituendosi a lui, l'unica possibilità di continuare una vita civile e sottratta alla schiavitù della sua funzione eroica.

Thriller dai ritmi giusti, è coronato da una puntuale prestazione da parte di tutti gli interpreti, tuttavia costretti, a volte, a dover sostenere un personaggio macchiettisticamente utilitarista, come ad esempio Jeffrey Wright.

Nella sterilità emozionale in cui si muovono i personaggi, che si barcamenano fra segreti di Stato e reticenze propedeutiche esclusivamente alla suspence, le uniche persone a regalare nuova vita, in tutti i sensi, al capitano Stevens sono Christina, una passeggera del treno conoscente del suo alter-ego Fentress, e il capitano Goodwin, l'unica rimasta a percepirne ancora l'umanità.

L'interesse ed il profondo rispetto per la vita, più che le varie sottotracce mal sviluppate, è l'elemento che decisamente colpisce di più di questo film, e che è stato sottolineato in maniera forse troppo marginale.
È allora da leggere così l'invito che il protagonista rivolge ad un comico presente nella carrozza, affinché faccia ridere gli altri passeggeri, cosciente del fatto che quelli sarebbero potuti essere gli ultimi istanti delle loro vite.
Toccante è, infine, la pietas con cui Goodwin, contravvenendo agli ordini impostigli, in uno slancio di umanità, stacca l'alimentazione artificiale del capitano, ormai  impossibilitato ad una vita autonoma, che gli restituisce, in un coupe de theatre prevedibile quanto riuscito, un'esistenza dignitosa.

VOTO 6/10

Luigi Scarano
Pier Lorenzo Pisano
Marco Fiorillo

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