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martedì 11 ottobre 2011

Jane Eyre (2011)


Mia Wasikowska: Jane Eyre
Michael Fassbender: Edward Rocherster
Jamie Bell: St. John Rivers
Judi Dench: Mrs. Fairfax
Sally Hawkins: Mrs. Reed
Imogen Poots: Blanche Ingram
Simon BcBurney: Mr. Brocklehurst
Holliday Grainger: Diana Rivers
Tamzin Merchant: Mary Rivers
Jayne Wisener: Bessie Lee
Harry Lloyd: Richard Mason
Regia: Cary Fukunaga
Soggetto: Charlotte Bronte
Sceneggiatura: Moira Buffini
Fotografia: Adriano Goldman
Musiche: Dario Marianelli
Scenografie: Will Hughes- Jones
Costumi: Michael O’Connor

Una donna si trascina nella brughiera inglese, stremata dalla fame e dalle intemperie. Riesce a trovare asilo nella casa di St. John Rivers (Jamie Bell), cui la donna dirà d’essere Jane Elliott (Mia Wasikowska): in vero la ragazza porta un altro cognome, le cui origini ci saranno svelate dal recupero dei suoi ricordi, dall’infanzia disperata da orfana in casa della zia (Sally Hawkins), alla cacciata nel rigido collegio di Lowood, fino al soggiorno a Thornfield, nel castello nello stravagante quanto fascinoso Edward Rocherster (Michael Fassbender). In un turbinio di emozioni celate e di silenzi ossequiosi, la vicenda ritornerà al punto di partenza, riconducendo il cognome alla sua proprietaria.
Trasposizione del celeberrimo romanzo del 1847 di Charlotte Bront, quest’ultimo “Jane Eyre” si colloca in un lunga tradizione di riduzione cinematografica, vantando ventitré precedenti dal 1910, tra film per la televisione e pellicole per il Grande Schermo. Il prodotto, però, si allontana in modo evidente dalle altre produzioni per merito di un’impostazione tutta nuova, tessuta sulle pagine del romanzo dall’americano Fukunaga e da Moira Buffini: regista e sceneggiatrice prediligono per la prima volta una versione cupa della storia, sottolineando le atmosfere romantiche e pesanti. Rammentano i tratti rigidi di quella società colma di fanatismo religioso e di sentimento antifemminista, descritta dalla Bronte, ma alla storia di formazione viene data una innovativa impostazione emotiva, che ne amplifica le qualità anche sullo schermo.
Fukunaga si serve per l’occasione, oltre che dell’abile trasposizione della Buffini, della perfetta caratterizzazione della ventiduenne Wasikowska e del maturo Fassbender: la coppia, che approfitta dell’arrivo dell’onda del successo per lanciarci al meglio verso l’Olimpo Hollywoodiano, fa perno sulla perfetta incarnazione nei protagonisti del racconto per farne due personaggi “reali”, la cui sfera emotiva, trattenuta secondo i costumi dell’epoca, esplode in parole mai dette e passioni abortite. Alla coppia si aggiunge un altro giovane, Jamie Bell, anch’egli recentemente impegnato in’un’altra trasposizione letteraria, “The Eagle”, e Judi Dench, madrina di qualità. A testimonianza della cura data alla pellicola, la maggior parte del cast proviene dal mondo del Teatro, come a voler tessere una filo conduttore tra le tre arti. A tal proposito, una curiosità: Harry Lloyd, che interpreta Richard Mason, è il pronipote dello scrittore inglese Charles Dickens.
Completano l’entourage, il direttore della fotografia Adriano Goldman, responsabile della resa gotica delle ambientazioni, ed il compositore Dario Marinelli. Un plauso va anche a Charles O’Connor, responsabile della realizzazione dei costumi di scena, perfettamente evocativi.
Riproporre un romanzo usando la cinepresa è sempre un’operazione rischiosa e complicata, soprattutto se si tratta di una pietra miliare della letteratura. Dopo così tanti precedenti, il vero merito sta nell’aver trovato una nuova chiave di lettura senza distorcere l’anima letteraria infusa dalla Bronte. Onore al merito.
VOTO 6/10
Marco Fiorillo
Pier Lorenzo Pisano

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