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giovedì 27 ottobre 2011

Johnny English Rebourn (2011)


Rowan Atkinson: Sir Johnny English
Gillian Anderson: Agente Pamela Head
Dominic West: Simon Ambrose
Rosamund Pike: Michelle
Daniel Kaluuya: Agente Tucker
Richard Schiff: Agente Fischer
Regia: Oliver Parker
Soggetto: William Davies
Sceneggiatura: Hamish McColl
Fotografia: Danny Cohen
Musiche: Ilan Eshkeri
Scenografie: Jim Clay

A distanza di sei anni dalla sua ultima missione in Mozambico, l’agente britannico dell’ MI7 Johnny English (Rowan Atkinson) trascorre la propria vita in Tibet, tra i monaci con cui allena mente e fisico. Nonostante il pessimo ricordo legato all’ultimo intervento, English viene richiamato in patria dall’agente Head (Gillian Andeson) ed affiancato al giovanissimo Tucker (Daniel Kaluuya): i due vengono inviati ad Hong Kong per indagare circa il possibile omicidio del Primo Ministro Cinese. English si troverà a combattere di nuovo per la Regina, tra vecchi traditori e nuovi amici.
Secondo episodio dell’oramai famosa parodia spionistica, “Johnny English Rebourn” segue l’omonimo precedente del 2003, tentando di arricchire un progetto nato con poche pretese ma egualmente ben riuscito a livello mediatico. Seppure punti tutto sull’ironia dilagante, impersonata dal maestro del genere Rowan Atkinson, il cambio in cabina di regia equivale ad un cambio d’approccio che esuli dal semplice montaggio di scenette divertenti, per preferire un intreccio meglio costruito ed una comicità “più intelligente”. “Il copione era stato sviluppato come thriller e funzionava”-ammette il regista Oliver Parker, che continua- “Quindi la sfida di combinare commedia e brividi diventa ancora più mirata. Ogni scena può essere vista come commedia o come thriller. Direi che si tratta di una storia coraggiosa”. Allo stesso modo, interviene il protagonista Atkinson: “Volevamo fare qualcosa di più sofisticato. Si direbbe una parodia. Ma piuttosto che fare una parodia dello stile spionistico abbiamo preso il mondo dello spionaggio mettendoci più gag all’interno”. Un’idea interessante che comunque ha il merito di condire il tutto di un’ironia che funziona meglio di quella godibile nel primo episodio, tuttavia il fine ultimo non è raggiunto: nel tentativo di buttare tutti gli ingredienti nel calderone, s’è fatta una mistione che non è né zuppa né pan bagnato. Scegliere di portare avanti le due anime del film, seria e faceta, non porta ad compimento totale di nessuna delle due, causa anche di una trama veramente monotona.
Per celebrare il ritorno al Grande Schermo dello spionaggio britannico alla James Bond, viene scelto un cast devoto alla corona della Regina quasi per intero. Motore del progetto davanti e dietro le telecamere è Rowan Atkinson: arrivato al successo con la celebre invenzione della maschera “Mr. Bean”, dimostra di poter adattarsi ad una risata di un gradino superiore. Al suo fianco il “cattivo” Dominic West, ben calato nella parte, e la giovane Rosamund Pike. A dirigerli, Oliver Parker regista londinese famoso per le riduzioni cinematografiche di opere teatrali di Shakespeare e, quindi, collaboratore obbligato di Kenneth Branagh. Unici al di fuori della giurisdizione inglese, Gillian Anderson (che pure ha vissuto a Londra per buona parte della sua vita), esordiente con la celebre interpretazione nella serie “X-Files”, e Richard Schiff.
Messe a parte acrobazie, addominali scolpiti e modi cavernicoli, Johnny English è un eroe tutto risate e brutte figure che non avrebbe bisogno d’altro per riuscire sullo schermo. Perché nel tentativo di rendere serioso l’intreccio se ne perde l’essenza. Bastava un pizzico di linearità ma strafare è la parole d’ordine oggi giorno.
VOTO 5/10
Marco Fiorillo
Pier Lorenzo Pisano

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