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venerdì 9 dicembre 2011

Win Win- Mosse Vincenti (2011)


Paul Giamatti: Mike Flaherty
Alex Shaffer: Kyle Timmons
Amy Ryan: Jackie Flaherty
Bobby Cannavale: Terry Delfino
Jeffrey Tambor: Vigman
Burt Young: Leo Poplar
Melanie Lynskey: Cindy
Regia: Thomas McCarthy
Soggetto: Thomas McCarthy
Sceneggiatura: Thomas McCarthy
Fotografia: Oliver Bokelberg
Musiche: Lyle Workman
Scenografie: John Piano

Mike Flaherty (Paul Giamatti) è un avvocato del New Jersey che nel tempo libero allena una modesta squadra di lotta, insieme a coach Vigman (Jeffrey Tambor). Ha una moglie affettuosa, Jackie (Alex Shaffer), e due figlie. Purtroppo il suo studio ha pochi clienti e portare avanti la famiglia diventa sempre più difficile per Mike. Quando nel suo ufficio si presenta Leo Poplar (Burt Young), l’avvocato intravede la possibilità di rimediare qualche soldo extra: riceve la custodia dell’anziano Leo per incassare l’apposito assegno e poi lo parcheggia in una casa di riposo. Mike, però, non ha fatto ancora i conti con il sedicenne nipote di Leo, Kyle (Alex Shaffer), in fuga dalla madre Cindy (Melanie Lynskey).
Il rischio di mettere in piedi l’ennesima storia di confronto tra giovani ed adulti, facendo dello sport il trait d’union, è quasi tangibile fin dalle prime scene di “Win Win”. Ma è un rischio che il regista Thomas McCarthy ha voluto correre a giusta ragione, riuscendo splendidamente a superare l’ostacolo del “visto e rivisto”. Riesce a costruire un film che non è dramma emotivo e che non è rivincita sportiva. È la storia di un uomo di mezz’età che tenta di tirare avanti, di un onesto avvocato che deve ricorrere ad un ignobile escamotage per rimediare lo stipendio. È la storia di un giovanotto arrabbiato che senza dire una parola chiede solo affetto. È la storia di queste due strade che si incrociano: il brav’uomo e il ragazzino arrabbiato che usano lo sport per scoprire il valore dell’amicizia. Non ci sono abbracci finali, non ci sono lacrime né riconciliazioni scontate, è un cinema veritiero che racconta e non banalizza, arricchendo il tutto con una buona dose di ironia.
Thomas McCarthy, al suo terzo lungometraggio dopo gli ottimi “Station Agent” e “L’Ospite Inatteso”, fa nuovamente sfoggio del suo talento, violando il classico tabù registico della quantità e non della qualità. Ma il successo della pellicola va giustamente diviso con il cast. L’ottimo Paul Giamatti si ritaglia un altro ruolo da protagonista, dando prova d’intensità e credibilità. Al suo fianco l’esordiente Alex Shaffer, anch’egli all’altezza della prova: il suo “Kyle” parla pochissimo eppure riesce ad esprimere più emozioni di attori cui viene dato il dono della parola. Affiancano la coppia, le “macchiette” Bobby Cannavale e Jeffrey Tambor e Burt Young, meglio noto con lo pseudonimo di Paulie Pennino, genero di Rocky/Stallone nell’omonima saga pugilistica.
All’inizio della pellicola Paul Giamatti si affatica correndo, come a voler scappare da tutte le difficoltà che non riesce a gestire. La fatica rimane quando decide di affrontare i problemi ma viene ripagata dalle emozioni di quel viaggio che è la vita.
VOTO 7/10
Marco Fiorillo
Pier Lorenzo Pisano


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