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mercoledì 16 maggio 2012

Il Punto del Weekend


Fine settimana ricchissimo in quantità, con ben undici pellicole di nuova uscita, tra le quali le attesissime “Chronicle” e “Dark Shadows” e ben sei film di produzione italiana. Andiamo a conoscere insieme i protagonisti del weekend appena trascorso.

I PROTAGONISTI
È  “Chronicle” a fare da succoso anticipo infrasettimanale del mercoledì. Protagonisti della vicenda sono tre giovani studenti, Andrew, Steve e Matt, che durante un rave rinvengono in un cunicolo uno strano oggetto che conferisce loro incredibile poteri. Ma, prendendo in prestito la famosissima battuta Marvel, “da grandi poteri derivano grandi responsabilità”, e Andrew, introverso, distrutto dalla malattia terminale della madre e in pessimi rapporti col padre, dovrà fare i conti con la mancanza di questa responsabilità.  Se ci si fermasse ai primi venti minuti di visione, “Chronicle” sarebbe semplicemente l’ennesimo sci-fi commerciale girato in presa diretta, dal finale scontato e dallo scarso respiro narrativo. È arrivando fino ai titoli di coda che il primo lungometraggio di Josh Trank dimostra la sua vera essenza: il mockumentary diventa found footage, la penna di Max Landis scorre fluida tra storia e caratterizzazioni e la prova di Dane De Haan è di altissimo livello.
Dagli States arriva la pellicola sicuramente più discussa del fine settimana, l’ultima fatica dell’instancabile due Burton-Deep “Dark Shadows”. Nella Collinsport del XII secolo Barnabas Collins, ricco signore inglese emigrato dall’Inghilterra, si innamora di Josette spezzando il cuore della domestica Jaqueline Bouchard, insospettabile strega che trasforma l’amato in un vampiro e lo seppellisce in una cassa. Nel 1972, Barnabas ritorna tra i vivi, in una Collinsport ormai in malora, abitata dai suoi lontani discendenti. Usufruendo della sceneggiatura di Seth Graham-Smith ed ispirandosi alla serie televisiva di Dan Curtis, il duo compie un altro piccolo miracolo, almeno dal punto di vista mediatico. Perché se tutti seguono la moda del vampiro,  Burton e Deep gli danno quella veste baroccamente tetra e stravagante che è la chiave del loro universo cinematografico . Per gli amanti del loro cinema di sicuro si tratta dell’ennesimo capolavoro, per chi non ne idolatra le gesta, “Dark Shadows” sa un po’ di stantio.
Dalla Francia arrivano tre pellicole. In “Special Forces” la giornalista francese inviata in Afganistan Elsa Casanova si compromette agli occhi di Ahmed Zaief, leader di un gruppo di soldati talebani. Rapita insieme ad un collaboratore autoctono, il governo francese invia in suo aiuto una squadra di recupero che perde contatto con la base. Senza contare il documentario di genere “L’ecole des berets verts”, “Special Forces” è l’opera prima di Stephane Rybojad nonché una delle poche produzioni francesi dedicata alla war action. Di sicuro Rybojad padroneggia bene l’argomento, come dimostrano il buon spiegamento dei personaggi, il superamento della “marinesizzazione” dei soldati, il discernimento circa tattiche militari e realtà socio-culturali. Se a mancare è la qualità meramente estetica della parte action ( in cui restano imbattuti i cineasti d’oltreoceano!) poco importa. Di ben altro respiro è “Sister”. Simon e Luoise sono fratello e sorella, vivono insieme ai margini di un impianto sciistico di lusso. Abbandonati dai genitori, di cui non hanno notizia, i due si mantengono grazie ai furti di Simon e alle attenzioni della maggiore Louise. Al suo secondo lungometraggio, Ursula Meier sfrutta, dopo “Home”, ancora una storia di confine, intessuta questa volta alla fragilità familiare dei due giovani: laddove ci dovrebbe essere paradosso e incredulità, Meier riesce a rendere veridicità e forza narrativa, anche grazie alla prova della coppia protagonista Seydoux- Klein. Infine, “Tutti i nostri desideri”. Claire è un magistrato del Tribunale di Lione, moglie, madre, e malata di tumore celebrale. Tacendo la malattia alla famiglia, decide di gettarsi a capofitto nel caso di Celine, una giovane madre coinvolta nei raggiri di un istituto di credito che l’ha ridotta sul lastrico. Al suo terzo lungometraggio, Philippe Lloret continua ad alimentare il suo gusto per il quotidiano, per le piccole grandi tragedie personali. È il caso della giovane Claire, ormai con i giorni contati; è il caso di Celine, ridotta a sopravvivere insieme al figlio; è il caso del profondo legame che si crea tra le due donne, non amicizia mielosa e miracolosa ma stima e rispetto reciproci.
Dedichiamoci ora alle numerose produzioni italiane del finesettimana. In “100 metri dal Paradiso” il giovane Tommaso Guarrazzi, promessa italiana dell’atletica, decide di abbandonare la carriera sportiva per intraprendere la strada ecclesiastica. Il padre Mario, ex campione di atletica col rimorso delle Olimpiadi, rivela il suo dispiacere all’amico e monsignore Angelo Paolini che ha un’epifania: formare una squadra di atleti-preti, da far gareggiare alle Olimpiadi sotto la bandiera vaticana. In “Workers- Pronti a tutto”, Sandro e Filippo sono i gestori di un’agenzia di lavoro che tratta con i più disparati e disperati disoccupati. Tra questi, Giacomo, badante di un paraplegico tossicodipendente, Italo, che lavora in un allevamento di tori occupandosi della raccolta dello sperma, e Alice, truccatrice costretta a lavorare presso un’agenzia di onoranze funebri. Alla stregua del vampiro d’oltreoceano, la crisi dello stivale ha suggestionato, sta suggestionando e (considerata la situazione in cui vessiamo) ancora suggestionerà il Grande Schermo tricolore. Questa è la volta di “Workers”, commedia dell’amaro e dell’assurdo articolata nel più classico trittico ad episodi. Sarà per la moda dei tempi o per la poca verve di Vignolo e Co. ma “Workers” offre una semplice accozzaglia di storie e nulla più. Al “Cinema della Crisi” appartiene anche “Disoccupato in affitto”. Dopo aver perso il proprio impiego, Pietro Mereu, indossato un cartello con su scritto “disoccupato in affitto”, parte dalla natia Sardegna alla volta di otto centri della penisola, più che per cercare lavoro, per denunciare questa maledetta crisi che ormai ci imbriglia da due anni (le riprese risalgono all’estate del 2010!). Seguito dalle telecamere di Luca Merloni, il viaggio diventa un documentario sulla realtà economica della penisola, sullo stato d’animo dei suoi cittadini. Al di la del basso tasso tecnico e del limitato budget, si tratta di una buona rivisitazione del soggetto.
Protagonista di “Isole” è Ivan, un muratore di Tirana che ogni mattina raggiunge le Tremiti per lavorare. L’ennesimo giorno senza paga fa scattare il muratore che in cambio riceve solo la violenza di tre abitanti dell’isola; viene, però, avvicinato da Martina che lo invita nella casa canonica in cui vive insieme al suo tutore, Don Enzo. Senza nulla a pretendere, Stefano Chiantini realizza uno spaccato di vita più vicino alla messinscena teatrale che alla cinepresa. Non ci si cala nel melodrammatico o nella critica socio-economica, ed è proprio questa fumosità quasi isolana a dare valore al girato.
In ultimo, l’altro documentario di giornata “Napoli 24”. Sotto l’ala protettiva di Paolo Sorrentino, ventiquattro registi, per lo più alla prima esperienza o di recente approdo all’universo cinematografico, si dividono tre minuti per raccontare la città. Il clima è di quelli da polpettone nostalgico che parte da un interessante progetto creativo ma che si perde in una confusione generale che determina la poca riuscita del progetto.  

LE SORPRESE
Si sa poco del piccolo Kacey Mottet Klein se non che “Sister” è il primo lungometraggio che lo vede partecipe, nonché protagonista, è che la sua è un ottima interpretazione, ben coadiuvata dalla vicinanza di Lea Seydoux e dalla direzione di Ursula Meier, brava nel gestire un talento così giovane e precoce.

I FLOP E I TOP
Le dolenti note del weekend:
3°.    Il minor rimprovero va a Johnny Deep. Pare che la realizzazione di “Dark Shadows” sia stato un suo personalissimo capriccio, lui che della serie di Dan Curtis era un grande fan, accontentato dalla sua controparte registica Tim Burton.
2°.    Secondo sul podio è Raffaele Verzillo. Il regista italiano ritorna al Grande Schermo dopo sei anni, cercando di mescere nel migliore dei modi l’impresa sportiva alla comicità tricolore, e lo fa utilizzando l’artificio pontificio che caratterizza quasi la totalità dell’impianto comico della pellicola, che, per questo, risulta asettica e di limitatissimo respiro.
1°.    Primo tra i cattivi, Lorenzo Vignolo. Il suo “Workers- Pronti a tutto” non è altro che l’ennesima rivisitazione scontata e stucchevole della moda cinematografica italiana del momento. Che il soggetto sia quello appropriato o meno, ciò che è sbagliato è continuare a riproporne la stessa declinazione.
Infine, i migliori della classe:
3°.    Medaglia di bronzo per Lea Seydoux. La giovane attrice e modella francese continua ad alzare il tiro passando dalle passerelle agli spot pubblicitari, dalle piccole parti alle interpretazioni da protagonista, fino all’ultimo “Sister”.
2°.    Al secondo gradino troviamo Philippe Lioret. Il cineasta parigino ritrova la collaborazione con Vincent Lindon, cui aggiunge l’ottimo sodalizio con le attrici Amandine Dewasmes e Marie Gillian, facendo, ancora una volta, del problematico mondo occidentale il soggetto delle proprie telecamere.
1°.    Oro a  Dane de Haan. Nei panni del potente Andrew, de Haan, dopo la gavetta teatrale e il successo televisivo (“True Blood” e “Law&Order”), approda al Grande Schermo proprio con “Chronicle”. Buona la prima, speriamo che rispetti le aspettative.

BOX OFFICE
Preannunciato successo ai botteghini del duo Burton-Deep: il loro “Dark Shadows” incassa 2 milioni nel primo finesettimana. Restano sul podio i Vendicatori, ormai arrivati ai 16 milioni, e l’ironica commedia americana “American Pie- Ancora insieme”. Tra le nuove uscite “Chronicle”, “Special Forces” e “100 metri dal Paradiso” entrano in top ten, anche se le cifre non sono di quelle interessanti.

Marco Fiorillo
Pier Lorenzo Pisano

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